Il 9 marzo del 1955 (esattamente 65 anni fa) veniva ufficialmente presentata al Salone dell’auto di Ginevra, la Fiat “600”

0
127

Cioè il piccolo monumento alla nostra speranza. La prima, plastica dimostrazione che ce la stavamo facendo a tornare a vivere: finalmente anche al di sopra del minimo decoro
Si era a dieci anni dalla fine della guerra. Una guerra terribile, che aveva lasciato macerie morali e materiali come nessun altro evento della storia del nostro Paese. Non era facile rimettersi in piedi. Non era facile immaginare un futuro. C’erano i morti, sì (tanti): e c’erano appunto le macerie che ogni giorno ci richiamavano a un realismo, ma anche a un senso del dovere da cui non potevamo prescindere se volevamo continuare a vivere!
Io non so se quella che stiamo per cominciare a combattere adesso sia una vera e propria guerra. Non so quanti saranno i morti. So però che le macerie non le vedremo: perlomeno non con gli occhi. Ma, a volte, le “macerie” bisogna saperle immaginare: col cuore e con la testa. Perché non possono bastare uno smartphone o una pagina facebook (figli di un irreversibile e benedetto progresso, ma anche simboli dei nostri vizi e delle nostre fragilità) per sentirci più forti. Ci vogliono energia, coraggio e cervello! Ci vogliono lucidità, pazienza e disciplina. Purtroppo ci vuole anche qualcuno che – se non ci arriviamo da soli – ci faccia capire la serietà delle cose e ci obblighi ad adeguarci: dall’alto della sua autorevolezza, della sua competenza, della forza del suo esempio, della sua coerenza, della sua credibilità!. Che richiami all’ordine i topi che ballano incoscienti, egoisti e impazziti. E che faccia ragionare senza sconti coloro che non capiscono che le proprie leggerezze non coincidono col bene comune, nè tantomeno con l’eroismo di chi è davvero in prima linea. Una volta i combattenti con le armi, ora i medici, il personale sanitario e tutti i corpi della sicurezza che vegliano su di noi: incoscienti, irresponsabili e tentati suicidi compresi! Non aspettiamo le bombe per rimanere nei rifugi!
“Non chiedevi che cosa fa il vostro Paese per voi, ma che cosa fate per voi per il vostro Paese” è una frase sempre attuale. Stiamo già pagando tutti prezzi più o meno salati: e altri ancora, purtroppo, ne pagheremo! Ma proviamo, per la seconda volta nella storia di questa Nazione, a restare minimamente uniti. Con intelligenza ed umiltà. Sognando e progettando la “600” del nostro ritorno alla normalità della vita!

Marino Bartoletti