La bicicletta di Gabriella, che ancora ci indica la direzione e la strada

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È il 26 settembre del 1944 quando Tina Anselmi, diciassette anni, assieme ai suoi compagni e compagne dell’Istituto Magistrale di Bassano del Grappa, assiste all’impiccagione agli alberi del corso principale di Bassano di trentuno partigiani arrestati e portati lì dai fascisti nel corso dell’“operazione Grappa”, che sino al suo termine, il 28 dello stesso mese, portò alla morte oltre duecentocinquanta persone e alla distruzione di decine di case coloniche della zona, date alle fiamme dai nazisti agli ordini del comandante Herbert Andorfer.

È lì, in quei minuti nei quali le si stampano negli occhi i corpi esanimi che pendono dai rami degli alberi, sostenuti per il collo da un grosso cavo telefonico, mentre i fascisti tirano per le gambe verso il basso quelli che ancora non sono morti, che Tina diviene Gabriella, la giovane staffetta partigiana che nei mesi successivi macinerà centinaia di chilometri in sella alla sua bicicletta nascondendo sotto i vestiti o nella sporta della spesa documenti e armi per i ribelli, sfidando i posti di blocco dei tedeschi e dei fascisti loro alleati e servi, come faceva Agnese nel bellissimo film di Giuliano Montaldo, ispirato al racconto autobiografico di Renata Viganò; per fortuna Gabriella, a differenza dell’Agnese, non “va a morire”, e giorno dopo giorno, assieme alla sua profonda presa di coscienza, cresce il suo impegno di resistente attiva, cresce e si forma in lei la coscienza che sia necessario costruire un mondo più giusto, si sviluppa in quei duri mesi che separano il Paese dal 25 Aprile del ’45 il suo impegno politico nella Democrazia Cristiana alla quale si è iscritta nel dicembre 1944 e l’attività nella Resistenza prima nella brigata Cesare Battisti al comando di Gino Sartor e poi nel Corpo Volontari della Libertà, nel comando regionale.

Tina/Gabriella ci racconta questo suo tumulto interiore che le fece decidere una volta per tutte da quale parte si dovesse stare nel suo bellissimo libro “Storia di una passione politica”.

Nel dopoguerra, oltre a laurearsi all’Università Cattolica di Milano, continua il suo impegno sulle questioni sociali, la sua battaglia contro le diseguaglianze e la sua attenzione alla questione femminile e si impegna nell’attività sindacale nella CGIL, prima nel sindacato dei tessili e poi in quello degli insegnanti, mondo del quale faceva parte lavorando in quegli anni come maestra elementare.

All’atto della sua fondazione, nel 1950, passò alla CISL dove continuò il suo impegno mentre cresceva anche l’impegno politico nel suo partito.

Eletta nel 1968 alla Camera fu genitrice della Legge sulle Pari Opportunità e più tardi, quando fu la prima donna a ricoprire l’incarico di ministro, fu la madre del Sistema Sanitario Nazionale e successivamente la presidente della commissione parlamentare di inchiesta sulla P2, retta e diretta con il rigore morale che l’ha sempre contraddistinta, rifiutando in quei caldi mesi della politica italiana l’offerta di incontro che le fece giungere Licio Gelli.

Nel corso della sua vita fatta di passione e impegno, Tina non smise mai di essere Gabriella, di essere esempio e sprone.

Una madre della nostra Repubblica, impossibile non ricordarla a tre anni dalla sua scomparsa il 1 novembre 2016.