La caduta di Trump e la deriva sovranista

0
60
trump

Trump si appresta a lasciare un paese letteralmente in macerie. Sanitarie, economiche, sociali. Una catastrofe. Dopo l’insurrezione, i media bollano apertamente il presidente come “fascista” e i responsabili dell’attacco al parlamento come “terroristi domestici”. Toni altissimi, come la tensione. A Washington è schierato l’esercito per la cerimonia d’insediamento di Biden, si temono le ultime drammatiche ore del “dittatore’ rinchiuso nel suo egobunker. Testimoni riferiscono che Trump gongolasse mentre dai monitor osservava i suoi scagnozzi armati fino ai denti pestare le forze dell’ordine per farsi largo in Campidoglio e dare la caccia ai membri del congresso. Alla faccia del “law and order”. Secondo alcuni un colpo di stato fallito, per altri un delirio finito in tragedia. Ma sempre un tremendo shock per la democrazia statunitense. Robaccia mai vista. Nelle sue ultime disperate ore, si vocifera che Trump si appresti a dispensare grazie. Sa che gli strascichi della rovinosa caduta del suo regime sono solo agli inizi. La censura social ha seccato la linfa della sua propaganda. Le grandi lobby gli han chiuso i rubinetti. Le istituzioni tra cui la sua città di New York rescindono contratti milionari con le sue società e il suo nome-marchio viene rimosso dalle facciate di molte sue proprietà. Sgretolamento politico ma anche economico. Trump sarà l’unico presidente della storia a subire un secondo impeachment e lo farà da cittadino comune. Dovrà rispondere dell’odiosa accusa d’incitamento all’insurrezione contro il suo stesso paese e rischia di non poter ricoprire cariche pubbliche a vita. Nessuno si aspettava si arrivasse a questo punto. A Washington come da questa parte dell’oceano. Il sovranismo si è infiltrato nella destra tradizionale fino a mangiarsela. Al grande pubblico moderato di destra è stata venduta una immagine rassicurante per raccattar voti, ma dietro le quinte operano frange estremiste e fanatiche. Gruppi neofascisti, suprematisti bianchi, bande paramilitari di ogni risma oltre che bigotti religiosi assortiti e cow-boy d’altri tempi. Un sottobosco in gran parte rurale e retrogrado di estrema destra che vede in Trump il suo duce. Vittime dei tempi oltre che carnefici della democrazia. L’immigrazione clandestina massa, una società in profonda trasformazione che destabilizza identità e certezze, la precarietà economica e l’egoismo viscerale dei nostri tempi, le minacce terroristiche internazionali, sono tutti elementi che hanno portato ad una nuova primavera per la destra estrema. Il ritorno della sacralità dei confini, la difesa della razza, la religione come feticcio identitario, i toni esasperati e la violenza verbale e non solo come strumento di lotta politica, qualche capo supremo e gerarca a cui immolarsi, ordine e disciplina. I grandi cambiamenti globali in corso hanno scatenato nuove paure che a loro volta hanno causato una estremizzazione dello scenario politico e della destra in particolare. A questo si aggiunge una nuova aggravante, quella follia collettiva chiamata complottismo. Il dilagare di realtà parallele deliranti finalizzate a supportare gli scopi politici sovranisti. Trump si è spinto a negare il responso delle urne senza uno straccio di prova ed ha tentato di sovvertire il voto. Una deriva pericolosissima. Difficilmente Trump uscirà dal suo egobunker ma il sovranismo gli sopravviverà. Resteranno le paure e i problemi e le lacerazioni su cui ha speculato e un vecchio tecnocrate come Biden rischia di essere una risposta inadeguata. La caduta di Trump lascia enormi incognite. Se la destra moderata riuscirà o meno ad emarginare la deriva sovranista. Se la democrazia statunitense riuscirà o meno a curare democraticamente le sue profonde ferite. Se la democrazia in generale riuscirà o meno ad affrontare i grandi cambiamenti globali senza ripiegare in pericolose derive autoritarie. Se così non sarà, si preannunciano anni turbolenti. A Washington come da questa parte dell’oceano.                                                                                                                        (Tommaso Merlo)