La censura di Facebook è un giallo. E molti pensano alla fuga su altri Social

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Come funziona la censura di Facebook? Non lo sa nessuno. E dietro gli algoritmi si cela un sistema da Grande fratello dai contorni inquietanti. Un documentato articolo della rivista on line Orwell, spiega bene le logiche che si celano dietro le pagine bloccate e gli account sospesi.

Come spiega bene l’autore dell’articolo, «Facebook e Google non chiariscono, infatti, né le loro linee guida né i processi decisionali che determinano quali contenuti abbiano diritto di cittadinanza e quali invece debbano essere rimossi. Questa mancanza di trasparenza, unitamente alle dichiarazioni di alcuni manager di queste aziende, sono la dimostrazione che certe decisioni vengono prese e attuate con un approccio parziale, oltre che unilaterale».

Perché mantenere regole vaghe? Facile. In questo modo, Facebook e Google le interpretano a loro piacimento. E non sono tenuti a dare spiegazioni.

«Per quanto riguarda l’Italia – si legge sul blog – a inizio settembre l’amministratore della pagina Facebook di Marcello Veneziani è stato bloccato a causa di un articolo pubblicato 15 mesi prima e, nei giorni scorsi, la piattaforma di Zuckerberg ha rimosso alcuni articoli pubblicati dal quotidiano online Il Secolo d’Italia riguardanti la chiusura dei profili di CasaPound. Guarda un po’ che caso…»

E mentre la censura di Fb all’estero diventa oggetto di dibattito politico trasversale, «alle nostre latitudini il tema viene affrontato con la consueta partigianeria, con gran parte della sinistra che esulta per la chiusura delle pagine del movimento di estrema destra, senza rendersi conto che, così facendo, si fanno portatori di un approccio alla questione che tutto è fuorché democratico, anche perché presto potrebbe toccare anche a qualcuno di loro. Tanto vale pensarci subito, pensando ad alternative davvero libere»

Prosegue l’articolo facendo un esempio. «Quando un algoritmo prende di mira un contenuto (di qualsiasi formato esso sia: testo, link, foto o video) o un annuncio, lo passa ai revisori in carne e ossa che, nel caso in cui rifiutino l’annuncio, forniscono pochissime spiegazioni – non riuscendo, ad esempio, a chiarire perché un contenuto sull’immigrazione o sull’aborto sia considerato “inappropriato”. Di conseguenza, chi gestisce campagne di comunicazione che toccano argomenti politici non sa come progettare annunci che soddisfano gli standard, aspetto che limita la gamma di argomenti a sfondo politico su cui sia possibile intervenire. Tanto vale cominciare a pensarci subito, magari guardando ad alternative veramente libere.
Vk, spunta l’alternativa a Facebook

Ecco perché in molti si stanno trasferendo su Social alternativi. Uno dei più gettonati, al momento, è il social russo VKontakte (abbreviato semplicemente con Vk). Fondato nel 2006 dal programmatore russo Pavel Durov come social pensato per gli studenti russi e oggi disponibile in 80 versioni. Attualmente vanta oltre 400 milioni di utenti in Russia e paesi vicini come Kazakistan, Ucraina, Bielorussia e altri stati ex-sovietici collocandosi al 4° posto tra i social più usati al mondo. Ha funzionalità e interfaccia molto semplici, è strutturato in modo simile a Facebook, può essere sfruttato per il business e permette anche la condivisione di musica e film. Del resto, quello che è in Rete invecchia in fretta. Vent’anni fa il motore di ricerca di riferimento era Altavista ed era impensabile vederlo soppiantato in così poco tempo. Dieci anni fa, il futuro sembrava Second Life e Facebook era considerato solo una piattaforma per nerd e studenti annoiati. Oggi Second Life è morto e sono oltre due miliardi gli iscritti su Fb. Quindi la censura rischia di diventare un clamoroso autogoal per i cervelloni al soldo di Zuckerberg. Se Facebook non cambia, saranno gli utenti a cambiare Social.                                                                                                                      fonte https://www.secoloditalia.it/