La storia dell’edificio più antico del paese, con legami indiretti con i Savoia
ROBASSOMERO (TO) – La piccola chiesa di San Carlo, in pieno centro storico, oggi passa quasi inosservata agli occhi del viandante. Eppure, è l’edificio più antico del paese, e racchiude pezzi di storia e aneddoti che si intrecciano con i grandi avvenimenti del passato piemontese. Documenti e frammenti di documenti – alcuni erosi dai topi ed offesi dal tempo – in latino, latino medioevale e volgare hanno permesso a fatica di ricostruire parte di quel passato che qui riassumiamo.
Cominciamo dalla lapide in marmo sulla porta d’ingresso: l’incisione, un distico votivo di enigmatica comprensione, è stata liberamente tradotta e interpretata per la prima volta dallo scrivente e citata nel libro di Marisa e Manuel Torello su Robassomero. La prima parte risulta scalpellata, per poi proseguire: “Da una celletta (cubicolo, sacello)… qui… eresse proprie… fondamenta questo tempietto in onore di San Carlo e lo dotò di 2000 (monete) devolute a Robassomero in una rendita annua alla condizione che l’intero reddito delle suddette 2000 (monete) venga assegnato ad un sacerdote dalla vita virtuosa che obbligatoriamente celebri messa in questo luogo ogni giorno, cioè il lunedì per le anime del purgatorio, il venerdì giorno della passione di Dio e il sabato in lode della Vergine Maria, negli altri giorni in onore di San Carlo. E in ogni messa preghi Dio per il Serenissimo Carlo Emanuele e per tutta la Serenissima Stirpe per tutti i benefici concessi da loro al fondatore. Ed inoltre stabilì come rettori di questo tempietto i primogeniti della sua famiglia e i Priori della Congregazione: a loro arbitrio sarà scelto il sacerdote benemerito che assolva i voti del fondatore. Cronografico ecco ricevi l’edificio che ti ho costruito con sacro voto e donaci la tua benedizione o Cristo”.
L’ultima parte, interpretata, riporta in caratteri greci scorretti ed allusivi ed in latino, con alcune lettere più grandi: “Kronographicon ECCE TIBI CASTO QVAE EXSTRVXI LIMINA VOTO SVSCIPE NOSQVE IWA CHRISTE FAVORE TVO”. Sommando i numeri romani (che sono anche lettere in maiuscolo delle parole) e sdoppiando la W in V-V (iuva) si otterrà la data 1623.
Dalla traduzione si evince il chiaro atto di dedica del primitivo sacello al duca Carlo Emanuele I (1562/1630). Altri documenti identificano il dedicante, Carlo Datta (o Data), che, con il padre prima e il fratello Bernardino poi, del duca fu fedele servitore; nello specifico Datta fu “somegliere di bocca”. Con il decreto di pensionamento gli fu dato, come liquidazione diremmo oggi, il possedimento “dei fossi et ricetto di Robassomero” (29 luglio 1621). Così, la cappella di San Carlo fu fatta costruire per ringraziare il nobile Savoia.
Ad una visione attenta, pur non essendo possibile datare esattamente l’edificio, l’interno e l’esterno rivelano aggiunte, sopraelevazioni e un ampliamento che fanno pensare a vari rimaneggiamenti. La consultazione di Passeggiate nel Canavese di Bertolotti, un’autentica autorità in materia di storia locale, non aiuta, essendoci nei suoi elenchi di visite pastorali un vuoto tra il 1609 ed il 1642.
In un documento del 1616 “la comunità et homini di Robassomero” chiedono il permesso di costruire una nuova chiesa poiché, a causa delle piene del fiume, la Parrocchiale “resta in grande pericolo di cadere nella Stura”. Pertanto, nel frattempo, “la comunità ha fatto istanza al S. prevosto e curato di trasportare e reponer il Santissimo et altre cose sacre in altra chiesa ufficiata che è la chiesa di San Carlo, qual è assai capace per il popolo, per essere bene coperta et ornata con li dovuti reliquiae”.
Dunque è probabile che San Carlo sia stata costruita tra la seconda metà del Cinquecento e gli inizi del Seicento, e successivamente ampliata dal Datta e donata alla comunità di Robassomero con atto notarile del 27 giugno 1622. Con tale atto Carlo Datta, oltre alla rendita di 2000 scudi imponeva (ed otteneva) “d’eriger la Venerabile Confraternita di San Carlo”. Questa già nel 1674 contava 40 aderenti e il 10 gennaio 1632 si aggregò a quella dei SS. Ambrogio e Carlo, con il riconoscimento ufficiale del Vaticano.
C’era un regolamento per gli aderenti che prescriveva, tra l’altro, che nessun malvivente o bestemmiatore venisse iscritto; che ogni confratello o consorella dovesse essere provvisto di un camice (o di un sacco); che tutti i giorni festivi ed il giorno di San Carlo si radunassero per recitare i divini offici; che chi non si fosse presentato venisse multato di 1 soldo e cancellato dopo 3 assenze consecutive; infine, tutti, con l’abito o col sacco, dovevano intervenire alle processioni e alle sepolture, con la multa di 2 soldi per ogni assenza. Nel 1725 la Confraternita raggiunse i 190 membri (su 400 abitanti circa! Un bel traguardo).
Le varie visite pastorali documentate (17, dal 1503 al 1943) descrivono l’interno della cappella. Nel 1730 possedeva un altare in pietra rivestito in legno, un calice dorato, una coppa d’argento, tre pianete e altre suppellettili. L’altare, nella visita del 1752, fu trovato rivestito di sculture dorate e sulla porta dell’oratorio insisteva una tribuna in legno su cui si riunivano e pregavano i confratelli. Vi era inoltre custodita una cassa dorata con reliquie di vari santi, poi scomparse (Sebastiano, Costanzo, Timoteo, Anania) che la visita pastorale del 1670 certificò come autentiche (da strumento del notaio Amadeo, del 15/26 marzo 1615).
Ma non tutto filò liscio tra gli eredi di Datta (successivamente residenti a Nole Canavese dal 1670 circa) e la comunità locale. L’8 novembre 1723 il notaio Giò Battista Datta con i figli portò via paramenti e suppellettili, comprese le chiavi, da San Carlo: non se ne conoscono le ragioni. La Comunità però lo denunciò al Real Senato. Non si hanno notizie certe di quanto accadde dopo; si può presumere però che Nole non abbia più potuto o voluto pagare la famosa rendita e che i Robassomeresi abbiano rilevato la struttura di San Carlo e scalpellato il nome del donatore. Presumibilmente, tra fine Ottocento e inizio Novecento, la cappella venne arricchita con un affresco sindonico, ma scivolò lentamente verso il degrado (la piccola comunità aveva intanto ricostruito la Parrocchiale -1725 – ed il campanile – 1754).
Nel 1943, un bombardiere inglese, per sfuggire alla contraerea, si liberò del carico esplosivo ed uno spezzone incendiario distrusse la balconata sopra l’atrio.
Nell’aprile 1973 l’allora parroco don Carlo Frascarolo affidò per 20 anni San Carlo alla Pro-Loco che la utilizzò come sede e come magazzino. Nel 1993 il tetto era da rifare con grave rischio per il soffitto a cassettoni del Seicento. La stessa Pro-Loco ed il gruppo teatrale “Le ali del vento” ne chiedevano la gestione ma il Consiglio Parrocchiale si pronunciò per il suo recupero. Ottenuta la piena responsabilità della cappella nel 1996, la parrocchia attivò le richieste di finanziamenti alla Curia e ad altri enti pubblici e privati. Fu esattamente nel settembre del 1997 che nacque il “Gruppo Parrocchiale San Carlo”, composto da ventuno cittadini che si impegnavano, sotto la guida del parroco don Ugo Borla, a trovare i fondi per il restauro e per i relativi studi storici (circa 350 milioni di lire).
E così, dal 2000, la chiesa è stata restituita alla comunità, con 30 mq di pavimentazione originale dell’epoca restaurati e il soppalco in legno rifatto nelle dimensioni originali. Proprio quel soppalco un tempo era aperto e guardava all’esterno (diventò parte integrante della chiesa solo nel Settecento inoltrato), ed era un luogo di ritrovo per una confraternita di cittadini dediti ad aiuti caritatevoli. Per distinguersi, ad ogni riunione, usavano portare un abito particolare con il distintivo della confraternita. I nomi dei membri sono ancora custoditi in parrocchia, nei vecchi registri di questa antica associazione.
Oggi San Carlo, oltre che per gli usi parrocchiali, è disponibile per convegni, mostre ed incontri culturali.
Nella foto: la chiesetta di Robassomero dedicata a San Carlo e della lapide in marmo, oggi quasi illeggibile, deteriorata dalle intemperie.
FONTI e BIBLIOGRAFIA:
Archivi Comunale e Parrocchiale di Robassomero
Archivio Parrocchia di Nole Canavese
Archivio di Stato di Torino
Robassomero nei tempi – Giovanni Berardo e Teresa Varacalli, aprile 1990
Robassomero e le sue origini – Teresa Varacalli, maggio 1993
Robassomero racconta – Marisa e Manuel Torello, maggio 2001
Franco Cortese Notizie in un click




