La disinformazione si combatte proibendola

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Che palle. Da due anni metà dei post di simpatizzanti pentastellati riguardano un solo argomento: il fatto che i conduttori televisivi e le loro trasmissioni non facciano che sparlare dei 5 Stelle. Vero. Ma dove eravate mentre avveniva la privatizzazione dell’informazione e la creazione dei grandi monopoli controllati da miliardari? Dove eravate quando al posto dell’equa distribuzione dei canali pubblici fra le forze politiche rappresentate in Parlamento (l’esecrata lottizzazione, in realtà garanzia di democrazia e pluralismo) è tutto andato nella mani della casta e delle lobby? E più recentemente, dove eravate quando il M5S pur essendo il partito vincitore delle elezioni del 2018, invece di prendersi la Rai come avevano fatto i renziani cinque anni prima, la ha lasciata Rai alla Lega, al Pd e a Berlusconi? Quanti di voi pur di non pagare il canone regalerebbero anche la tv di Stato ai privati?

A me non sorprende che i nemici del M5S usino tutte le armi a loro disposizione per fare propaganda contro il M5S. Ci odiano e hanno ragione perché noi, o almeno io, odiamo loro e, potendo, li priveremmo di tutti i loro privilegi. E se credete che possa esistere, oggi, dopo trent’anni di liberismo sfrenato e di deriva culturale e morale, una deontologia professionale dei giornalisti, siete degli illusi. La disinformazione si combatte proibendola, se si hanno in mezzi per farlo, e se no creando strumenti alternativi di informazione e sostenendoli in ogni modo, inclusi contributi volontari (altro che tassarsi per regalare soldi ai “cittadini”) e partecipazione.

Finitela di credere nell’esistenza di Babbo Natale e di una stampa neutrale, indipendente o oggettiva. Non c’è. Potrebbe esserci solo se costretta a esserlo con la forza o con il rigore della legge; e in una società migliore. Nell’attesa le lamentele non servono assolutamente a nulla, se non a giustificare la propria presunta impotenza in modo da non sentirsi costretti, finalmente, a fare qualcosa.                                (Francesco Erspamer)