LA DOPPIA BEFFA DEL RECOVERY FUND

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LA DOPPIA BEFFA DEL RECOVERY FUND: A PRESCINDERE DA COME E SE VERRÀ UTILIZZATO, L’ITALIA LO STA GIÀ PAGANDO ORA CON L’ACCETTAZIONE DI UNA MAGGIORE AUSTERITÀ EUROPEA SU CREDITO DAL 2021 E VINCOLI DI BILANCIO DAL 2022

LA DENUNCIA DI IVANO TONOLI, SEGRETARIO DI UNIONE CATTOLICA E PRESIDENTE DI CONFEDES: CONDIVIDIAMO IN PIENO LE OSSERVAZIONI E I MONITI DEL PRESIDENTE ABI PATUELLI E DEL VICEPRESIDENTE ESBG GHISOLFI, IL NOSTRO PAESE HA OTTENUTO IN VIA NOMINALE LA MAGGIORE TRANCHE DI AIUTI, MA SECONDO MODALITÀ E CONDIZIONALITÀ DOVE CERTE SONO SOLTANTO LE RINUNCE CHE ABBIAMO DOVUTO SUBIRE

L’ULTERIORE TRAGICOMICA DISPUTA NELLA MAGGIORANZA GIALLOROSSA SU VECCHI E NUOVI PROGETTI: UNO SBILANCIAMENTO ECCESSIVO SU QUESTI ULTIMI, SENZA ALCUNA RIFORMA FISCALE, AMMINISTRATIVA E GIUDIZIARIA, AUMENTERÀ UNICAMENTE INSOLVENZE E INADEMPIENZE CHE CI COSTERANNO CARISSIME A PARTIRE DAL 2022 CON IL RITORNO IN VIGORE DEL FISCAL COMPACT

Non chiamatelo fondo di ricostruzione, semmai fondo di ricovero: perché la prospettiva, nel suo utilizzo o mancato utilizzo, è quello di un ricovero del nostro Paese e della nostra economia reale in terapia intensiva.
Alla fine, dei tanto sbandierati 209 miliardi pluriennali, in cassa rischiano di arrivarne a noi soltanto una ventina, vale a dire la rata di anticipazione concordata con la Commissione europea e con il commissario Gentiloni.
Altro non si profila all’orizzonte, se non i costi collaterali che sono stati accettati supinamente dal governo Conte alla vigilia dell’assunzione della presidenza di turno del G20 – il gruppo mondiale dei 20 Paesi più industrializzati – da parte dell’Italia. Costi fin da ora certissimi, a differenza di finanziamenti sui quali pesa più di una ipoteca sia esterna, le condizionalità non di rado schiaccianti imposte dalla UE, sia interna, le patetiche e tragiche tensioni speculative interne alla “chimerica” maggioranza giallorossa che fanno del nostro Stato il fanalino di coda nella presentazione dei piani di investimento.
Costi rappresentati dalla accettazione di fatto, da parte di Conte e di Gualtieri, delle più stringenti e restrittive regole in vigore da Capodanno in tema di default e di collocazione di un credito bancario nello stato di incaglio, sofferenza e deterioramento, e del ritorno, a partire dal 2022, del fiscal compact, ossia del patto di stabilità all’interno del quale saranno conteggiati gli scostamenti su deficit e debito deliberati da Pd e 5 stelle per centinaia di miliardi con provvedimenti in prevalenza inutili se non dannosi sulle imprese e sull’occupazione.
Il Partito Unione Cattolica e la Confederazione datoriale e sindacale Confedes fanno proprie, pertanto, le osservazioni e i moniti provenienti dal Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana – ABI Antonio Patuelli e dal VicePresidente del Gruppo Europeo delle Casse di Risparmio Beppe Ghisolfi, in merito al duplice rischio corso dall’Italia, ossia la certezza della contropartita dei costi e l’incertezza dei finanziamenti UE nel caso della presentazione di progetti governativi non idonei e non conformi alle linee guida della Commissione di Bruxelles.
Denunciamo infine stucchevole, per utilizzare un eufemismo, l’estenuante dibattito conflittuale fra settori della “maggioranza da laboratorio di Palazzo” con una fazione che pone l’accento sui “vecchi progetti” da accelerare e un’altra che vorrebbe dare la priorità ai “nuovi progetti” da avviare: in assenza di contestuali riforme fiscali, amministrative e giudiziarie – sulle quali pesano i drammatici effetti del “giustizialismo grillino” prevalso nei settori esattoriali e della giustizia – i nuovi progetti si tradurranno unicamente in auto-referenziali tagli di nastri inaugurali, a uso e consumo della pubblicità di Conte e dei suoi singoli ministri, rispetto a opere i cui cronoprogrammi saranno condannati prima ad arenarsi poi a richiedere la nomina di un commissario straordinario per ognuna di esse.