LA GRANDE RIFORMA DI CUI CI SAREBBE BISOGNO

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cangini

La questione di fiducia posta dal governo sulla legge di Bilancio per piegare il parlamento non è prevista dalla Costituzione. All’articolo 94, la fiducia ha una funzione esattamente opposta, essendo delineata, infatti, come di un “potere” del parlamento sul governo: “Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia…”. È nella passi che il governo si è attribuito un’analoga possibilità, contrapponendo alla “mozione” la “questione” di fiducia. Ma questa prassi, nata sulla spinta del maggioritario inseguendo il sogno del presidenzialismo, non è mai arrivata a lambire la Costituzione. È riuscita ad imprimersi solo nei regolamenti parlamentari e per l’uso che se ne fa nega in radice il principio che l’articolo 94 afferma. La fiducia non più come garanzia del parlamento rispetto al governo, ma come strumento del governo per esautorare il parlamento. E non per proteggersi dall’ostruzionismo delle opposizioni, ma per difendersi dagli agguati della sua stessa maggioranza. Un segno di debolezza, una prassi frequente. Mai così frequente come in questi primi mesi di governo giallorosso, complice il fatto che nessun movente politico unisce tra loro i gruppi parlamentari della maggioranza e che parte degli eletti grillini non riconosce più l’autorità del proprio Capo politico. Ne risulta un parlamento tanto impotente quanto inconcludente. Situazione tollerabile solo se in presenza di un governo forte e autorevole, ben imbullonato su un sistema istituzionale solido. E non è certo questo il caso italiano.

Quello a cui assistiamo oggi è solo il più macroscopico e grottesco tra i tanti esempi di sistema politico bloccato e governo imballato cui abbiamo assistito negli ultimi decenni. Le cause sono essenzialmente due: la fragilità del nostro sistema istituzionale, la debolezza dei partiti politici, spesso caratterizzati da leadership fragili, classi dirigenti modeste, scarsi legami con i territori.

Neanche a farlo apposta, nei giorni scorsi si è tenuto nell’aula del Senato un dibattito sui partiti e sul modo di finanziarli, e a breve dovrebbe svolgersi il referendum sul numero dei parlamentari e sul ruolo del parlamento. Casualità che offrono al ceto politico una straordinaria occasione per metter mano una volta per tutte a una riforma di sistema che renda efficace ed efficienti le nostre istituzioni rappresentative e dia ai partiti politici quella veste costituzionale prevista dall’articolo 49. Occasione propizia, che per esser colta richiederebbe uno spirito costituente che al momento, purtroppo, non sembra attraversare gli animi di leader politici passivamente concentrati sulla mera quotidianità.