La guerra dei partiti a mettere il proprio sigillo sull’esecutivo Draghi

0
75
draghi

Resistenze, riserve, incompatibilità e ansie di esclusioni, con il terrore però di autoescludersi. C’è sorpresa, al Quirinale, per i tormentati umori politici emersi alla chiusura del primo giro di consultazioni di Mario Draghi. Vedere i partiti quasi unanimemente (tranne FdI, di Giorgia Meloni) concordi sul sostegno al premier incaricato, ma fra loro contrapposti e ansiosi di tagliare fuori dal perimetro della maggioranza qualche vecchio «nemico», è un esito che sconcerta Sergio Mattarella. Perché aveva chiesto «a tutti» un impegno diverso: dare la fiducia a «un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica».

Ecco il punto. La guerra a mettere il proprio sigillo sull’ esecutivo, alzando un veto su qualcun altro pronto alla coabitazione e obiettando che «se ci sono loro non possiamo starci noi», va contro i presupposti da cui il presidente della Repubblica ha maturato questa soluzione d’ emergenza. Infatti, si ragiona sul Colle, stavolta non sono gioco le diverse famiglie politiche con le loro identità, ma l’ Italia. E se non si spezza la catena degli interdetti e si minaccia magari di offrire a Draghi solo un appoggio esterno, si rischia di insidiare alla radice il suo tentativo.

A far salire la tensione è stato Matteo Salvini, con il «sì convinto, privo di pregiudizi o nomi» della Lega. Una mossa che ha spiazzato il centrosinistra. Tuttavia sentimenti malmostosi serpeggiano pure nel centrodestra verso i 5 Stelle (già pronti a «lealtà totale») e tra i grillini verso altri potenziali partner, come Berlusconi e Renzi, tralasciando i leghisti.

Sarà Draghi stesso, osservano gli intimi di Mattarella, a stemperare le tensioni con l’ autorevolezza della sua proposta. Cioè con quel che si dice «la forza delle cose».

Dopotutto non è forse un successo che, grazie a lui, le due prime formazioni politiche di questo Parlamento (5 Stelle e Lega) abbiano mutato opinione e si siano convertite all’ ancoraggio europeo?

Per il resto deciderà lui come gli parrà meglio, senza vincoli o preclusioni, senza un disegno precostituito e senza i citatissimi «paletti». Nessuno insomma, tantomeno al Quirinale, gli lega le mani anche se, certo, con il capo dello Stato Draghi si sente continuamente al telefono, per consigli che toccano i temi della squadra e della formula di governo.

Chiarito che non avrà la natura di un esecutivo di coalizione, al momento sembra probabile che l’ ex presidente della Bce opti per un mix tra tecnico e politico, su modello e con lo spirito) di quello che mise in piedi Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. E, mentre imperversa un totoministri irritante per il Colle, non è escluso che, per garantire una continuità in alcuni dicasteri chiave nella pandemia (come quello della Salute) ci sia qualche conferma del gabinetto Conte 2. Alla fine, come gli ha raccomandato Mattarella e come Draghi ha ripetuto ai suoi interlocutori, l’ importante è «risolvere tutti insieme i problemi che abbiamo davanti».                                                                                                                                       Marzio Breda