La linea Tav Brescia-Verona è e continua ad essere un’opera inutile e costosa

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non solo economicamente ma anche e soprattutto in termini di impatto ambientale e sociale. In questo primo anno di Governo, il Ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli ha messo in campo ogni strumento per poter avvalorare questa tesi, che per noi era del tutto evidente. Abbiamo lavorato senza sosta, cercato di proporre soluzioni alternative, costretto Rete Ferroviaria Italia (RFI) a prenderle in considerazione e a farne una seria e attenta valutazione.

L’analisi costi benefici pubblicata in questi giorni ha dimostrato che i costi superano di gran lunga i benefici. Purtroppo, l’analisi giuridica ha determinato anche che recedere oggi dall’opera ha un costo notevole. Tutto questo grazie al Pd (sui documenti c’è la firma del renziano Luca Lotti, quel Lotti che intrallazzava con magistrati vari), che dopo aver perso le elezioni ha fatto tutto di corsa, arrivando a far pubblicare la delibera Cipe in Gazzetta Ufficiale il 24 marzo 2018, prima che si insediasse il nuovo governo. È stato il classico colpo basso in stile “chiagne e fotte” del partito di Zingaretti, che ora i cittadini saranno costretti a pagare, e che ora pagherà la comunità del Garda.

Questo rischio di esporsi rafforza, purtroppo, la tesi di un asse parlamentare del cemento, che parte dal Pd e arriva fino alla Lega, passando per Forza Italia e Fratelli d’Italia. Un’accozzaglia contro la quale siamo completamente soli a dare battaglia, cercando di far comprendere l’inutilità e la dannosità dell’opera fine a sé stessa.

La linea Tav Bs-Ve è un’opera già autorizzata e già finanziata. Ad oggi non c’è alcun modo per fermarla, senza un accordo parlamentare, per il quale purtroppo non abbiamo la maggioranza. Maggioranza che viene meno a maggior ragione oggi, che è dimostrato che fermare l’opera avrebbe un costo che i nostri alleati di governo non vorrebbero sostenere. E su questo vanno d’amore e d’accordo col Pd, responsabile della truffa.

Il partito trasversale del cemento vince dunque ancora una volta, e a farne le spese è il futuro del Paese.

Abbiamo sostenuto vari ricorsi amministrativi e giudiziari, purtroppo anche quelli senza esito. Non ci fermiamo qui, ovviamente. Se dovessero esserci altre strade per dimostrare che l’opera è più dannosa che utile le prenderemo, e se troveremo anche solo un appiglio lo useremo. In ogni caso vigileremo affinché ciascuna delle 300 prescrizioni sia rispettata e perché tutto sia fatto a regola d’arte riducendo al minimo i danni.

Adesso non possiamo fare altro che chiedere scusa alle popolazioni coinvolte per quello che subiranno. So già che qualcuno parlerà di “tradimento”, ma non può esserci tradimento quando si hanno le mani legate. Se avessimo voluto “tradire” il nostro mandato, saremmo rimasti fermi lasciando che il cantiere partisse subito, già a giugno dell’anno scorso. Invece con il nostro lavoro siamo riusciti quanto meno a posticipare di oltre un anno l’inizio dei lavori, e a fare tutti gli approfondimenti tecnici necessari. Ciò dimostra che ci abbiamo provato, che non abbiamo mai mollato e che ce l’abbiamo messa tutta per difendere i valori in cui abbiamo sempre creduto e ancora continuiamo a credere.