La mafia…è stata ed è essenzialmente uno strumento di governo

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Una condizione diffusa che consente di agire senza logica e senza democrazia, eppure mantenendo il consenso sociale” (Sebastiano Ardita, “Cosa Nostra S.p.A.”, 2020).
Queste parole, lucide, meditate, profonde, provenienti da uno dei magistrati che più conoscono Cosa Nostra per averla combattuta in tante indagini e dibattimenti, testimoniano la grande sottovalutazione di cui Cosa Nostra ha sempre saputo trarre vantaggio: essere un formidabile strumento di governo e non venir percepito come tale ha permesso, infatti, alla mafia, di cristallizzarsi sempre più in rapporti di poteri malati e perversi, opachi e non democratici, che solo l’assenza di istruzione e di intelligenza critica poteva accettare, subendoli senza comprenderli.

E chi ha governato questo paese per decenni, non solo al Governo nazionale, ma anche in tanti enti locali, anche in tanti corpi sociali intermedi cosiddetti, in tanti ordini professionali “alti”, intenzionalmente ha favorito politiche pubbliche di anestetizzazione etico-sociale, di analfabetismo civico diffuso e distratto, per sottrarre chi usava questo “strumento di governo” ad un controllo di legalità che mai avrebbe potuto sopportare, impegnato com’era a favorire il plasmarsi di un blocco di potere fra classi socialmente ed economicamente dominanti e sodalizi mafiosi che oggi rappresentano la nuova frontiera dell’evoluzione del fenomeno mafioso, impregnato di pezzi deviati dello Stato, di massoneria definita deviata, di partitocrazia ben poco ancorata alla difesa dei beni comuni.