La mascherina contro il Covid e i vizi di politica e giornalismo

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La mascherina ormai è diventata uno strumento bello e cattivo di guerra politica. Chirurgica o Fp2 che sia, dotata di filtro oppure semplicemente a tre strati, magari a due o anche a uno solo, perché nella giungla delle spiegazioni-non-spiegazioni chi ci capisce è bravo, la mascherina ha tuttavia un merito: misura meglio di qualsiasi altra cosa l’indice di civiltà di una comunità. O, anche, del rapporto fra due sole persone.

Tutto questo grande discutere, discettare, dibattere, polemizzare sull’uso della mascherina è francamente incomprensibile. Al netto dei negazionisti, per vocazione o perché di professione fanno i mestatori, c’è la certezza che il Covid esista, sia fra di noi e purtroppo goda ancora di ottima salute. Tutti coloro che sono in odor di scienza, dal dottorino al professorone, allora, ti dicono la stessa cosa. E cioè: per difendere se stessi e gli altri da questo malefico coronavirus, servono poche, piccole regole, quali mantenere almeno un metro di distanza le persone e lavarsi le mani quante più volte possibile nel corso della giornata. Ma, soprattutto, bisogna indossare la mascherina. Che è strumento efficace in particolare nel momento in cui non si riescono a rispettare, per le più svariate ragioni, le prime due regole.

Francamente, non mi pare questo grave sacrificio da compiere. Banalmente, si tratta solo di avere un po’ di educazione e di rispettare il prossimo. Né per questo motivo bisogna pensare che sia in pericolo la democrazia nel nostro Paese. Il governo ci marcia? Bah, forse. Di sicuro non fanno diversamente le opposizioni parlamentari. La verità è che tutta la politica gioca con il Covid, facendo leva su certe indirizzate convinzioni dei cittadini-elettori. E ci marcia, tanto per essere chiari, anche l’informazione. Quando tutto manca, noi giornalisti in questo periodo ci buttiamo sul Covid. Facciamo a registrare chi la spara più grossa e non ci preoccupiamo affatto delle conseguenze di questo tipo di informazione. Meglio, di disinformazione.

Professionalmente, sono cresciuto e maturato seguendo una regola d’oro: se ho una notizia la scrivo, perché non tocca a me, cioè al giornalista, porsi il problema se quella notizia giovi o non giovi a qualcuno. È come dire che la notizia è sacra. Appunto, la notizia. Che, altra regola d’oro, va verificata in tutti i modi possibili, e poi ancora riverificata, prima di essere “sparata”. Questo significa semplicemente che una stupidaggine, quando è accertato che di ciò trattasi, non è una notizia e dunque non va data. Se viene data, è informazione fatta solo per fare scalpore a buon mercato, in perfetta malafede.

Un esempio proprio per stare alla mascherina. Alcuni sostengono che faccia addirittura male indossarla. Altro che all’aperto, al chiuso, in compagnia e via declinando tutte le possibilità. La mascherina fa male, capito? Peccato che eminenti medici e scienziati, fatti salvi i casi di patologie legate a qualsiasi minima interferenza con eventuali problemi respiratori, sul punto siano concordi: l’affermazione è una solenne corbelleria, per usare un eufemismo edulcorante. Eppure: sul tema se ne legge, se ne scrive e si scatenano roventi polemiche politiche. Si diventa filo-governativi e persino contrari al presidente americano Trump. Tutto, invece, può essere ed è molto più semplice: una mascherina può allungarti la vita. Niente altro che buon senso.                                                                                                                                                     di Luigi Leone