LA REGGIA DI FORMIGLI E I TALK

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Se Formigli possiede una reggia in quel di Roma, ben per lui. Quello che non torna è che faccia il paladino dei poveri cristi e che il suo talk-show non sia certo un esempio d’imparzialità giornalistica. Del resto si sa, la televisione rende un sacco di soldi. Già Santoro, maestro di Formigli, ne guadagnava una valanga mentre sventolava bandiere rosse davanti alle telecamere. Oggi probabilmente il discepolo ha superato il maestro a furia di “piazzapulite”. Bene per Formigli. Chissà che feste organizza sulla mega terrazza della sua reggia. Ricevimenti con la crème de la crème della società romana. Il meglio del giornalismo e della televisione e poi starlette a braccetto di qualche industrialotto ed intellettuali con la erre moscia. Tubini e papillon. Tutti profumati e ingioiellati a disquisire di quanto sia rozzo Salvini e di quegli scappati di casa dei 5 stelle. Li possino, sempre. Giusto qualche tartina al salmone affumicato e un sorsetto di bollicine sotto il cielo di Roma, prima di ritirarsi nelle loro camere padronali in stile rococò a rimuginare sulla parte che devono ricominciare a recitare il giorno dopo. La parte di Formigli è quella del giornalista da talk-show. Una delle categorie più elitarie di questo paese. Una manciata di persone strapagate per gestire il dibattito politico televisivo nazionale. Tra questi, Formigli è quello con l’immagine del giornalista più d’assalto, dalla linea del fronte ai salotti televisivi, con quello sguardo sofferente e perso in chissà quali alti ideali, con quella verve da “compagno” sempre schierato dalla parte degli ultimi. Mah, sarà. Di certo nessuno chiede a Formigli di vendere la sua reggia e trasferirsi in qualche monolocale di periferia più coerente con il ruolo di paladino dei deboli che si è ritagliato. Se Cairo lo paga tutti quei soldi un motivo ci sarà. E nessuno chiede a Formigli nemmeno di cambiare idee politiche. Può pensare e votare quello che vuole. Può anche fondarsi un proprio partito di Rolexisti Combattenti se gli aggrada. Quello che invece è lecito chiedere a Formigli – così come a tutti i giornalisti da talk-show – è di smetterla di fare gli ipocriti difensori dei poveri cristi, ma di limitarsi a fare bene il loro lavoro. Niente di straordinario, basterebbe un minimo di rispetto della deontologia professionale. I talk-show in Italia fanno pena. Sono faziose cagnare col copione già scritto in cui si cerca di pilotare i telespettatori verso le idee del conduttore o dell’editore. Sono un insulto all’intelligenza e all’autonomia di giudizio dei cittadini. Cagnare in cui gli ospiti sono costretti a sbraitare in pochi secondi le proprie amenità prima che qualcuno li interrompa, nessun ragionamento, nessun vero dialogo e scambio d’opinioni, nessun approfondimento, solo passerelle di politicanti e giornalai che vanno a ripetere fino alla noia il loro insulso repertorio. E già che ci sono, Formigli e tutti i suoi colleghi, potrebbero anche farci un altro favore. Smetterla d’invitare la solita manciata di decrepiti parrucconi e tromboni che ormai appaiono sui nostri teleschermi da decenni. Sempre gli stessi matusalemme. L’Italia sta cercando di cambiare anche se a fatica, sorgono nuove sfide, nuove sensibilità, nuove idee, eppure il dibattito televisivo è ostaggio della solita manciata di zombie che riemergono perennemente dal passato. Che dunque Formigli continui a godersi la reggia e i ricevimenti con la crème de la crème sulla sua mega terrazza, ma che si sforzi perlomeno di mandare in onda talk-show giornalisticamente professionali e all’altezza dei tempi                                                                                                                                       di Tommaso Merlo