La sostenibilità come nuovo paradigma

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Fra la metà degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 si fa strada l’idea che l’autorealizzazione sia la panacea di tutti i mali e che per raggiungerla è lecito ogni mezzo.

È la nascita del cosiddetto ‘modello neoliberista’ di cui Ronald Reagan e Margareth Thatcher sono i più illustri rappresentanti. Smantellamento del welfare state, nessun intervento dello Stato nell’economia, esasperazione della libertà di scelta individuale; l’idea che per funzionare, l’economia avanzata doveva fare a meno dei valori tradizionali, visti come freno ed ostacolo allo sviluppo della persona e del profitto individuale e collettivo.

Alla fine degli anni ’90 sulla scena mondiale fa comparsa quella che siamo soliti chiamare “Terza Via” di Clinton e Blair. Quella che fu presentata come una vera e propria rivoluzione economica e culturale altro non era che la reinterpretazione in chiave riformista dei valori neoliberisti. L’idea che la globalizzazione delle merci, dei capitali e degli individui si poteva governare in chiave neoliberista mettendo alcuni paletti qua e là. Niente di più sbagliato.

La crisi del 2008 ha spazzato via questa impostazione: la destra ha così cambiato schema scegliendo la via del populismo e del nazionalismo.
Leader carismatici ma impolitici, creazione di vere e proprie macchine del consenso mediatico, sfruttamento ossessivo dei social network, linguaggio violento ed aggressivo, odio nei confronti dei migranti e del “diverso” in genere, richiamo all’identità territoriale, proliferazione degli estremismi religiosi.

Una destra sempre più “antagonista” del mondo globalizzato, ha radunato attorno a sé il mondo degli emarginati, di tutti coloro che sono stati duramente colpiti dalle sistemiche crisi economiche, dei gruppi sociali in difficoltà, degli interessi economici legati al vecchio mondo delle energie produttive.
Il mondo progressista in genere non ha saputo fino ad oggi fornire risposte adeguate ai mutamenti sociali ed economici in atto.
La Pandemia ha radicalizzato gli contri, esasperato le diseguaglianze, creato nuove povertà, minato la fiducia nello sviluppo economico così come inteso tradizionalmente.

Esiste un solo modo per ricomporre la frattura sociale che sta dilaniando la nostra società: ricostruire un nuovo tessuto di valori condiviso, creare un nuovo paradigma capace di innescare un cambiamento dal quale tutti hanno da guadagnare non solo economicamente ma anche e soprattutto socialmente.
Questo paradigma porta un nome ben preciso: SOSTENIBILITÀ.
Riconoscere che tutto è in relazione con tutto, che non c’è vero sviluppo economico senza inclusione sociale, che la crescita deve fare i conti con il mondo che ci circonda, che ci possiamo definire una società civilizzata solo se esiste vera giustizia sociale.
Solo in questo modo saremo capaci di affrontare le sfide che ci attendono, senza la paura che il post-pandemia ci possa travolgere e senza che la destra nazional-populista ci conduca in un baratro dal quale sarebbe veramente complicato risalire.