La spocchia dell’Anm: «Noi magistrati siamo parte della storia migliore del Paese»

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Invece di fare autocritica in silenzio ammettendo fino in fondo la gravità di quello che è successo e che sta venendo fuori con il caso Palamara, il caos sulle Procure, il Csm paralizzato e la reputazione delle toghe finita sotto le scarpe, i sindacalisti della magistratura italiana raccolti nell’Anm rivendicano di essere «parte della storia migliore di questo paese».

Una dichiarazione clamorosa e spocchiosa che fa a pugni con la cronaca di questi giorni che fa a pezzi la magistratura italiana invischiata – è quello che è emerso – in feroci lotte di potere per conquistare le poltrone più prestigiose e ambite e per decidere, in un mercanteggiamento fra correnti sindacali, chi deve guidare questa o quella Procura.

«Ho letto oggi una dichiarazione che trovo inaccettabile perché violenta e che respingo al mittente: che i magistrati, per colpa di queste vicende, hanno perso la loro credibilità – dice Luca Poniz, presidente dell’Anm, arringando i suoi colleghi riuniti in assemblea al palazzo di giustizia di Milano – Questo va respinto con forza, perché – aggiunge Poniz scandendo le parole – noi siamo i magistrati italiani, siamo parte della storia migliore di questo paese, vogliamo continuare a esserlo».

«Facciamo parlare il nostro lavoro, la quotidianità del nostro lavoro, e del nostro impegno – rivendica il presidente dell’Anm – Nessuno ci ha mai intimidito. Non le pallottole, non il tritolo, non le oscene manifestazioni della politica sulle scalinate di questo Tribunale».

Poniz ammette, a un certo punto, che «qualcosa non ha funzionato e che quelle carriere, Consiglio giudiziario, Anm, Comitato Direttivo, Csm, sono state un male, hanno provocato dei guasti e non hanno funzionato. Accanto a degli esempi virtuosi, ce ne sono stati altri malati, e dobbiamo prendere atto di una patologia e su questo dobbiamo lavorare».

«L’Anm non parla ai gruppi ma parla ai magistrati», dice Poniz sostenendo di credere «fortemente in una stagione riformatrice».

In questo senso «il nostro sogno è che alle elezioni di ottobre – si augura il presidente dell’Anm – arrivino un bel po’ di pm del territorio italiano, donne e uomini, sia iscritti ai gruppi che quelli che odiano i gruppi». Peccato che uno dei mali sia proprio l’eccesso di presenze di pubblici ministeri rispetto ai giudici negli organi della categoria quando, nella realtà, i giudici sono, numericamente, quattro volte le toghe della pubblica accusa.

Poniz richiama, poi, l’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. E, in particolare, «due cose molto importanti che ha detto: una richiesta di cambiamento che potrà avvenire e confido che avverrà anzitutto sul piano dei comportamenti e le modifiche normative ritenute opportune e necessarie».

Se quello che è emerso «è un quadro sconcertante e inaccettabile, le parole del Presidente a me sembrano definitive», dice il presidente dell’Anm secondo il quale i magistrati hanno «tutti gli strumenti tecnici e culturali» per attuare una riforma di sistema «e, consentitemi, una credibilità professionale che oggi nessuno può permettersi di discutere». Un avvertimento alla politica che, costituzionalmente, è chiamata ad occuparsi di quella riforma.

Che ci sia un po’ di confusione è evidente. Come quando Poniz ammette, stavolta, bontà sua, che «bisogna voltare pagina» ed accettare «un metodo che ci restituisca una credibilità politica che onestamente è andata un po’ smarrita». Onestamente.                                                                                                                  fonte https://www.secoloditalia.it/