La suggestiva facciata della chiesa di San Nicolao di Coassolo (TO)

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Con l’egregio intervento di Augusto Cavallari Murat

COASSOLO – La chiesa dedicata a san Nicolao (o meglio a san Nicola) di Coassolo (TO) rappresenta un tipico monumento architettonico di edilizia sacra piemontese, impreziosito nella sua magnifica facciata da alcune particolarità di scuola barocco-rococò che lo distinguono dagli altri monumenti dell’epoca.

Di origine, pare, rinascimentale – se si dà credito all’iscrizione sull’abside che porta le date 1557-1558, ma potrebbe anche essere fatta risalire ad epoca più antica – questa chiesa è stata per molti anni di proprietà e sotto la gestione pubblica, dipendente cioè dal Comune.

Gli elementi che più colpiscono anche il più superficiale visitatore sono l’armonicamente composta, vezzosa, comoda ed ampia scalinata d’accesso, il cui ultimo completo rifacimento risale al 1957 ad opera del muratore Nicolao Favero Fra, e la sinuosa, elegante, arcuata, morbida e splendida facciata con mattoni a vista, studiata e concretizzata tra il 1747 ed il 1750, come riferisce lo specifico, documentato resoconto di Augusto Cavallari Murat (“Noterella o Memorietta”), anch’egli chiamato nel 1938-’39 dai pubblici amministratori per un restauro.

Fu storia lunga e travagliata, intrisa di inenarrabili sofferenze, quella di questi lavori di ampliamento e restauro, che cercheremo di sintetizzare, che non crearono forse un capolavoro, ma realizzarono sicuramente un bell’esempio di sacra edilizia esteticamente ammirata ed apprezzata in ogni tempo.

Riferendoci a notizie certe e provate, tutto ebbe inizio nell’adunanza comunale del 2 febbraio 1725, nella quale i presenti prendevano atto che la chiesa «…minacciava rovina…», per cui per il suo restauro si richiese a Torino un contributo di lire 600. Ricevutolo, iniziarono subito i lavori e la raccolta di offerte tra la generosa e laboriosa popolazione locale.

Lo sforzo finanziario fu enorme se si pensa che la spesa totale, finale – certificata da un atto comunale del 20 ottobre 1751 – risultò essere pari a lire 4.045, per di più raccolta tra povera gente in una comunità di circa 3.600 anime.

Nello stesso anno, 1725, iniziarono quindi i lavori di restauro, che saranno più volte interrotti per mancanza di fondi, ma sempre ripresi, e che produssero l’ampliamento delle navate laterali; solo nel 1747 alcuni esperti giudicarono pericolosa la facciata esistente e si pensò perciò anche alla sua demolizione e ricostruzione, ricollocandola un po’ più in avanti ed ampliandola in armonia con le nuove navate.

Appaltatore di tutti i lavori fu il capo mastro Carlo Antonio Ramanzini da Lugano, il quale volle visionare i nuovi disegni prima della firma; disegni che trovò ben fatti e sottoscritti dal progettista, ingegnere Carlo Maria Castelli che ricevette 117 lire per quel suo superbo lavoro: pianta della fabbrica (chiesa) e facciata, di cui successivamente non si conoscono altre creazioni o strutture a lui attribuibili con certezza.

L’intera opera coassolese richiese dunque quasi 4 anni, e necessitò di 50mila mattoni fabbricati a mano, dei quali 20mila a Coassolo (1747) e 30mila a Rocca di Corio (1749).

L’architetto Bernardo Vittone così descrisse i mattoni piemontesi: “…in lunghezza oncie 6 abbondanti, 3 in larghezza ed in larghezza una e mezza del piede librando” (0,26×0,13×0,065 m in chiave moderna), cioè molto simili a quelli usati per san Nicolao.

La costruzione della facciata si sviluppò non senza qualche errore che – insieme alle intemperie delle rigide condizioni climatiche locali – nel 1783 portò ancora a dover intervenire, per cui fu incaricato Gianni Siletto “maestro da muro di Lanzo”.

«Restauro orrendo» riferì e scrisse a proposito il Cavallari Murat quando gli venne assegnato l’incarico della ristrutturazione.

Egli prese molto a cuore quel progetto che alla fine degli anni ’30 del Novecento con meticolosi e studiati interventi ridonò sanità e salute oltre che nuovo splendore alla facciata ed a tutta la costruzione. Innanzitutto vennero fabbricati 5mila nuovi mattoni, avvalendosi delle nuove conoscenze dell’epoca (nell’impasto fu persino aggiunta polvere dei mattoni originali per rispettarne il colore), poi vennero ripristinati gli antichi gocciolatoi, scomparsi nel restauro del 1783, e quindi otturati i secolari fori delle antiche impalcature, mai riparati, causa di infiltrazioni e indebolimento della struttura, a cui seguirono altri piccoli e grandi interventi tecnici atti a donare “serenità e tranquillità” alla costruzione.

Insomma il suo fu un eccellente lavoro che permise alla suggestiva facciata di san Nicolao di Coassolo di giungere fino a noi conservando l’armoniosità e l’equilibrio delle linee architettoniche che oggi possiamo ammirare, dovuti alla feconda, fantasiosa creatività dell’architetto ingegnere Carlo Maria Castelli infusa in quest’opera nata in pieno barocco piemontese.

Tecnicamente questa facciata può ritenersi una «perla», felice e riuscita figlia del matrimonio di idee progettuali tra Filippo Juvarra e Guarino Guarini che stilisticamente influenzarono il Castelli (vedi nota citata del Murat).

Le morbide curve, quasi carnali e sensuali, vengono ancor più messe in risalto da invenzioni architettoniche rococò, attenuate e rese più matematiche e seriose da due volute laterali simmetriche e dalla sobria imponenza e severità del poderoso corpo centrale. Tali che nella relazione della visita pastorale di monsignore Giovanni Battista Rotario del 1752, di quella facciata è detto: “…cum facie satis eleganti…”, è abbastanza elegante, sintetizzando egregiamente il complesso emozionale alla vista di quella visione.

Nacque così, nello scorrere dei secoli – che apparentemente paiono volar via senza meta e senza rispetto per le glorie e le miserie umane -, un soggetto architettonico nuovo, non solo elegante, ma anche luminoso e tranquillo, pur se non ricco. Al suo interno le colonne ed altre aree delle pareti sono state realizzate dipingendole ad «effetto-marmo» multicolore; anche al suo esterno la sua semplicità non racchiude veri calcari ed altre costose aggiunte ed orpelli.

Pur tuttavia il “volto” di questa edilizia sacra coassolese, nelle sue linee fondamentali, rappresenta una preziosità storica e religiosa di cui i cittadini di oggi devono essere grati ai loro coraggiosi e lungimiranti antenati.

Franco Cortese    Notizie in un click