La tragedia storica dei curdi

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Osannati quando combattevano vittoriosamente (anche per noi) contro l’Isis. E adesso che la Turchia sta per sterminarli, l’Occidente guidato da Trump si gira dall’altra parte.

Oggi la Casa Bianca conferma che la Turchia procederà con la sua operazione militare ad Est dell’Eufrate, e che le truppe americane si faranno da parte e lasceranno fare.

Poco più di una settimana fa, alle Nazione Unite, Erdogan propose con tanto di cartello illustrativo (vedi foto), di voler creare il campo profughi a cielo aperto più grande del mondo. L’idea è quella ricollocare dalla Turchia 1 milione di rifugiati siriani, e trasferirli dove oggi vivono i curdi. Nel suo discorso ha esplicitato l’intenzione di voler attaccare le YPG (Unità di protezione del popolo), considerate dalla Turchia un’organizzazione terroristica.

Mazlum Kobane, il comandante delle forze YPG, ha già più volte rimarcato che non ci sarebbe stata un’altra Afrin, che ad una invasione turca in qualunque parte del territorio controllato dalle FDS (Forze democratiche siriane) si sarebbe risposto con una guerra totale su tutti i 600 chilometri di frontiera con la Turchia. Un prospettiva terrificante se si pensa che le maggiori città curde sorgono sul confine, compresa la città di Kobane.

L’offensiva in questione avverrà in una prima fase su Gire Spi/Tal Abyad, unica città sul confine non a maggioranza curda. Liberata dall’occupazione ISIS nel 2015 dalle forze YPG, era stata fino a quel momento soprannominata dai giornali di tutto il mondo come “l’autostrada del jihadismo”, in quanto la maggioranza dei foreign fighters spesso arrivavano direttamente all’aeroporto turco di Sanliurfa e con meno di mezz’ora di macchina raggiungevano la frontiera di Tal Abyad in mano allo Stato Islamico. Così si poteva partire da qualunque città d’Europa ed essere tra le fila dello Stato Islamico in mezza giornata, spendendo poco più di 200 euro.
Significativo è il fatto che dopo Kobane, la prima città ad essere liberata dall’Isis fu proprio Tal Abyad.

Da allora sono passati quasi 5 anni.

Oggi l’Isis, anche se non totalmente sconfitto, non controlla più il territorio. Lo Stato Islamico non è più Stato, ma è tornato ad essere ciò che era prima di esplodere nel titano che ha terrorizzato mezzo mondo: un’organizzazione terroristica clandestina, con la propria leadership intatta e con decine di migliaia di combattenti sotto copertura, travestiti da civili, pronti a colpire alla prima occasione propizia.

Non bisogna illudersi però, Tal Abyad sarà solo l’inizio, come illustrato dettagliatamente da Erdogan alle Nazioni Unite. A seguire le maggiori città curde sul confine siriano, comprese Qamishlo, Derek/Al Malikiya, Tel Tamer e Kobane/Ain al Arab. E se l’invasione di Afrin, che produsse 150 mila sfollati, può essere presa come indicatore, allora ci possiamo immaginare una delle catastrofi umanitarie più gravi dall’inizio della guerra civile siriana.

Le forze curde si batteranno fino all’ultimo sangue per evitare che la Turchia ripeta la stessa pulizia etnica perpetrata ad Afrin, e a differenza di Afrin questa volta le YPG non saranno sole. Ci sono 100 mila soldati attualmente in servizio nelle Forze democratiche siriane, di cui la maggior parte arabi, ma anche assiri, siriaci e turkmeni. La coalizione delle FDS, formatasi in questi 5 anni per sconfiggere l’Isis, ha visto protagoniste decine di tribù arabe, alcune così grandi da estendersi su 3 Stati.
Le antiche comunità cristiane, presenti il tutto il nord della Siria, e con piccoli concentramenti, ad esempio su Tel Tamer, con l’aiuto YPG sventarono la minaccia Isis che più volte li prese di mira. Oggi la minaccia di genocidio torna di nuovo a farsi realtà per queste comunità cristiane.
L’esercito turco non sarà solo: 25 mila ribelli siriani che raggruppano varie formazioni FSA, incluse organizzazioni di stampo jihadista come Harakat Nour al-Din al-Zenki, parteciperanno attivamente all’offensiva.

Non ci sarà da sorprendersi se in tutto questo non si sentirà l’Unione Europea fiatare, Erdogan ha già minacciato di aprire le frontiere che si affacciano sulla Grecia, e quindi sull’Europa.
I 3,6 milioni di rifugiati siriani attualmente bloccati in Turchia bastano a far sudare freddo alle già traballanti democrazie europee, che vedono serpeggiare nel proprio popolo uno spirito fascista che pensavano relegato alla storia.

Forse ancora una volta gli unici amici dei curdi sono le montagne, peccato che nel Nord-Est della Siria non ce ne siano.
di K.F.