L’arte di raccontare l’arte

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Il mondo della cultura piange Philippe Daverio

L’arte di raccontare l’arte

Milano – E’ morto all’Istituto dei tumori di Milano nella notte tra l’1 e il 2 settembre Philippe Daverio; era nato il 17 ottobre 1949 in Francia da padre italiano e madre alsaziana.

Quasi come premonizione e lascito a buon ricordo ricevemmo in regalo dagli amici il 16 agosto, per il nostro compleanno, proprio il suo libro pubblicato il 23 luglio: il «Racconto dell’arte occidentale. Dai greci alla Pop Art», l’ultima sua opera – ricca come tutti suoi scritti di insegnamenti e fondamentali punti di riflessione – in cui passione, conoscenza ed intuito senza confini sono stati infusi per la gioia ed il piacere dell’attento lettore amante del bello.

A Philippe Daverio, lo scorso giugno, era stato assegnato il premio Chiara alla carriera «…per il suo multiforme contributo alla valorizzazione dell’arte e del bello, che sa raccontare al grande pubblico con tono semplice e nello stesso tempo rigorosamente scientifico …»; era anche direttore della rivista ArteDossier (a cui siamo abbonati da molti anni) oltre che autore e conduttore televisivo di trasmissioni culturali e artistiche quali Passepartout, Emporio Daverio e Il Capitale.

E’ stato anche membro del Cda della Scala e a lungo giurato del premio Campiello, oltre alla sua attività di gallerista, curatore e critico d’arte, solo per citare alcuni fra i suoi impegni più importanti.

Di lui tre cose ricordiamo, evidenti a tutti quando lavorava: il suo papillon e l’abito sempre originale ed elegante – persona curata ed amante della cultura e dell’arte, come a dire che queste, a loro volta, meritano rispetto –, il suo guardarti dritto negli occhi – sincerità, onestà intellettuale, chiarezza – e la sua preparazione immensa, attratta soprattutto dai particolari da cui traeva, con l’altra sua forza, l’intuito, importanti insegnamenti e comprensioni artistiche, riuscendo a farsi capire pur non sottraendosi alla complessità di certi argomenti.

Come dice una nostra cara amica, Daverio “……è stato un grande… è riuscito a fare amare l’arte anche a coloro che non avevano mai avuto modo di conoscere qualcosa in questo campo”.

Lo vogliamo inoltre qui ricordare con un comportamento ed alcuni pensieri che ne hanno caratterizzato il vivere. Quando venne soppresso il suo spazio televisivo della trasmissione Passepartout – mentre godeva di alta audience e trasmetteva conoscenze che solo lui sapeva dare – l’uomo reagì da signore, con ironia, componendo uno spiritoso elogio funebre “…E’ mancato improvvisamente, in piena salute…” adducendo quale causa della sua scomparsa “…una pallottola vagante…”, noi aggiungiamo “…di cacciatori di frodo…”.

Oltre all’editoriale di ArteDossier del mese di marzo – in cui “il maestro” parlava delle “Luci intimiste di Georges de La Tour” con curiosi ed interessanti aneddoti, come era nel suo stile – ricordiamo, qui riportandone un sunto, la sua “conversazione”, intitolata “Libera nos a malo”, con il condirettore Claudio Pescio, nella quale i due riflettono ad alta voce sul nemico invisibile, astratto e metafisico del Covid 19; ultima conversazione, ultimi pensieri spiritosi e riflessivi ed educativi pubblicati nel numero dello scorso maggio che aveva in copertina l’Arcangelo Gabriele che calpesta il drago/diavolo di Raffaello (1505, Parigi, Louvre).

“…Dopo un trauma come quello che sta attraversando il mondo intero, molto cambierà, per chi avrà la fortuna di sopravvivere. Dopo la peste nera del Trecento ci fu una sostanziale mutazione della tecnica costruttiva: si abbandonarono gli edifici di pietra, si riscoprì l’uso del mattone romano… dopo la peste del Manzoni si abbandonarono i mobili scuri impiallacciati in radica e ci si scatenò col Rococò… dopo la Prima guerra mondiale e l’epidemia di Spagnola (500milioni di ammorbati e 100milioni di morti) il jazz arrivò a Parigi e i colori divennero quelli allegri dell’Art Déco ed Hemingway… scrisse Fiesta. Speriamo di resistere e d’essere invitati anche noi alla fiesta quando l’incubo sarà passato. E auguriamoci non troppo segretamente che dopo la figura sciocca fatta da Boris Johnson e quella gretta di Donal Trump… che la prossima Biennale di Venezia non sia ancora una volta l’inutile esibizione dello strapotere commerciale e irriverente degli anglosassoni. Perché il mondo dell’arte. a catastrofi concluse, si è sempre posto come generoso protagonista di un’era nuova”.

Nel succitato, nuovo, ultimo volume edito, scritto da questo amato divulgatore d’arte e di cultura oltre che di signorilità, viene tracciato un percorso attraverso i secoli del comune universale patrimonio artistico occidentale, percorso che si srotola lungo tremila anni, con storia, fatta dai grandi, e storie ed aneddoti vissuti dagli artisti e dal popolo. Senza trascurare il graduale suo scoprire – e saper narrare – la creatività umana e le tecniche dei grandi maestri. (Philippe Daverio – Racconto dell’arte occidentale – Solferino, Milano, 2020, p. 432, (188) ).

La foto del dottor Daverio è tratta da ArteDossier

Franco Cortese Notizie in un click settembre 2020