LAVORO FEMMINILE E SFRUTTAMENTO

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Secondo gli ultimi dati sulla condizione lavorativa delle donne in Emilia Romagna le donne fra i 34 e i 44 anni e con meno di 36 mesi di servizio in azienda perdono il lavoro a causa della maternità.
Il dato regionale è in aumento del 23% rispetto a quello rilevato nel 2017 come riscontrato dall’Ispettorato interregionale del lavoro.
L’aumento della precarietà, la diminuzione dei servizi pubblici per l’infanzia e l’aumento delle rette, la persistenza della diseguaglianza dei redditi tra uomini e donne, l’allungamento dell’età pensionabile che fa venir meno l’aiuto delle nonne e dei nonni, sono tutti fattori che costringono le madri a rinunciare al lavoro.
Con le politiche di austerity e neoliberiste sulle lavoratrici si sta addensando la cosiddetta tempesta perfetta.
I numeri di uno studio che di recente è stato pubblicato dall’Unione sindacale di base, in occasione dello sciopero generale proclamato per l’8 marzo, ci restituiscono un quadro impietoso e devastante che testimonia quanto sia ancora grande la disuguaglianza tra donne e uomini nell’accesso al reddito e quindi nei percorsi di autodeterminazione.
I numeri ci parlano di gap salariale, minore occupazione e tantissimo lavoro gratuito: in un anno in Italia le donne svolgono 50,6 miliardi di ore di lavoro non retribuito.
Contro tutto questo va svolta una grande battaglia.
Tanto più oggi, quando si vorrebbe fare delle donne lo strumento per l’abbassamento dei diritti e delle tutele, utili a una riformulazione del welfare già abbondantemente massacrato in una chiave familistica che prevede il ritorno delle donne tra le mura domestiche.
L’impronta pesantemente familistica che attraversa tutta la misura del reddito di cittadinanza nega ancora oggi alle donne quel diritto all’autodeterminazione che deriva dalla disponibilità di risorse economiche individuali legandole, invece, con doppio laccio a quel partner che in alcuni casi può coincidere con il soggetto maltrattante.
Quota 100, dal canto suo, ci restituisce quell’asimmetria di opportunità che il mercato del lavoro riserva alle donne e agli uomini: l’identikit del potenziale beneficiario tracciato dall’INPS è quello del maschio, lavoratore dipendente del comparto privato e residente al nord. Le stime sono inesorabili: su 100 potenziali beneficiari il 62,2 sono uomini e 37,4 sono donne. E meno male che esiste la Pubblica Amministrazione poiché è solo nel pubblico impiego che le potenziali beneficiarie donne (19,3%) riescono a superare percentualmente ma di sempre di poco gli uomini (14,8 %).

USB Bologna