Le leggi per i grandi evasori in Italia: ecco come l’hanno sempre fatta franca

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Per capire perché l’evasione fiscale in Italia sia così diffusa, bisogna risalire ai provvedimenti in materia fiscale che si sono succeduti negli anni.

Col passare del tempo i cittadini hanno visto peggiorare il proprio rapporto con il fisco, divenuto da una parte sempre più opprimente per la stragrande maggioranza della popolazione, ma al contempo sempre più amico di grandi “furbetti”.

Uno dei primi provvedimenti a favore degli evasori fiscali risale al lontano 1973 durante il quarto Governo Rumor, in cui venne promosso un condono a cui aderirono 2 milioni e 700 mila tra singoli cittadini e imprese. Da quella misura lo Stato incassò 3 mila miliardi di lire, la cui portata si comprende se si raffronta questa cifra con i circa 20 mila miliardi che furono le entrate totali di quell’anno.

A ciò seguirono il condono valutario del 1976 e quello “tombale” del 1982 del Governo Spadolini che produsse un introito di 11 mila miliardi di lire. Per tutta la seconda metà degli anni ’80 seguirono altre sanatorie, per arrivare poi al Governo Dini che con il concordato fiscale incassò 5 mila miliardi di lire.

In epoca moderna è con Berlusconi e Renzi che i grandi evasori vengono avvantaggiati con leggi su misura, alla faccia di tutti gli italiani colpiti da un fisco sempre più asfissiante.

Basti pensare ad Equitalia, istituita proprio sotto i Governi Berlusconi e divenuta celebre per le discutibili politiche di riscossione che inaspriscono enormemente il rapporto tra fisco e cittadini.
Nel 2002 Berlusconi parte con la depenalizzazione del falso in bilancio, che impedisce allo Stato di intervenire di sua iniziativa nell’ambito di una verifica qualora il bilancio risultasse falsato.
L’anno successivo arriva il condono fiscale da 19,3 miliardi
Poi inizia la stagione degli scudi fiscali: nel 2009 con lo scudo fiscale di Berlusconi-Tremonti, si consente a tanti grandi evasori di mettersi in regola, con la garanzia dell’anonimato, a fronte del pagamento di una somma del 5%, facendo così rientrare capitali che avevano portato all’estero.

Parliamo dei grandi evasori, quelli che portano miliardi nei paradisi fiscali. Proprio quelli che, con la norma Bonafede, andrebbero in carcere, perché non è possibile che a pagare siano sempre gli stessi, coloro che si spaccano la schiena dalla mattina alla sera.

Come se non bastasse arriva l’epoca di Renzi che non si è risparmiato in quanto a regali agli evasori.

Prima l’innalzamento del tetto al contante da 1.000 a 3.000 euro
poi l’innalzamento della soglia di rilevanza penale da 50 a 150 mila euro per la dichiarazione infedele e da 50 a 250 mila euro per il mancato versamento dell’Iva.
Anche lui non si è fatto mancare lo scudo fiscale, con la “voluntary disclosure” che consente l’emersione volontaria dei capitali all’estero.

Tra il 2011 e il 2016 sono stati aperti più di 200 mila procedimenti per reati tributari, circa 33.500 all’anno. Il rapporto è di una condanna definitiva ogni cento procedimenti, contro un rapporto per i reati nel loro complesso che è di 1 a 50. Le condanne per reati tributati sono esattamente le metà.

Noi non cadiamo nella retorica della “caccia allo scontrino”, come hanno fatto tutti i Governi degli ultimi 30 anni che, mentre con una mano offrivano scappatoie ai grandi evasori, con l’altra bastonavano i piccoli artigiani, i commercianti, rendendogli la vita impossibile.

Colpiremo i grandi evasori per aiutare i piccoli, ai quali vogliamo abbassare le tasse e semplificare la vita. I grandi evasori sono dei parassiti, che non hanno rispetto di chi si spacca la schiena dalla mattina alla sera e paga regolarmente le tasse.

Il carcere per chi froda il fisco per importi superiori ai 100 mila euro è una svolta culturale.