Le morti sul lavoro? Non chiamiamole morti bianche

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Ogni volta che giornali e televisioni parlano di “tragica fatalità” per raccontare della quotidiana strage sul lavoro mettono in opera una mistificazione insopportabile. No il destino non c’entra, quest’assoluzione morale che solleva da ogni responsabilità il sistema con cui in Italia si regolano e si controllano le condizioni di vita nei posti di lavoro non è in nessun modo giustificabile. Ci si ostina a chiamarle morti bianche, altro sotterfugio linguistico che suggerisce come sia inutile ricercarne la responsabilità, perchè vogliono farle percepire come un rischio inevitabile.

Il prezzo da pagare per la corsa alla produttività, agnelli sacrificali sull’altare del profitto. Si assumano almeno l’onere di comunicarci qual è il risultato d’impresa che vale una vita umana. Sono trascorsi tre anni da quando è stata istituita l’Agenzia Unica delle Ispezioni, introdotta col Jobs Act doveva ottimizzare le risorse umane e quelle finanziare, strumento di coordinamento per contrastare il triste fenomeno delle morti sul lavoro, il caporalato e il lavoro nero. Tutto giusto, ma con quali risorse, con quale organizzazione e con quale e quanto personale? A fine agosto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando del “concorsone” per 1.500 posti tra Ministero del Lavoro, INAIL e Ispettorato Nazionale del Lavoro ma ci si è dimenticati di impiegati e funzionari amministrativi.

Nel frattempo si spremono quelli in servizio e tanto personale è distolto dalla funzione ispettiva e adibito ad altre mansioni, con aumento dei carichi di lavoro inaccettabili. Irrisorio poi il numero di assunzioni previste per gli ispettori tecnici destinati ai controlli in edilizia, settore tra i più colpiti dagli infortuni sul lavoro. Gli ispettori del lavoro sono in stato d’agitazione e i sindacati della Funzione Pubblica di Cgil, Cisl e Uil stanno preparando la mobilitazione nazionale per denunciare una riorganizzazione che resta in alto mare, infrastruttura tecnologica del neolitico e posizioni di responsabilità elargite solamente su base fiduciaria; come possono queste lavoratrici e questi lavoratori garantire a tutti noi il rispetto delle regole e della sicurezza sui posti di lavoro quando loro stessi vivono una sostanziale paralisi operativa? Matteo giovedì scorso è rimasto schiacciato da un’escavatrice mentre era al lavoro in un cantiere stradale nel parmense, aveva origini sarde e appena 31 anni di vita; 37 ne aveva Christoph morto a Bressanone quando il trattore su cui si trovava si è rovesciato strappandolo all’affetto della moglie e dei suoi due bambini; la stessa notte dopo un mese d’agonia è morto un operaio della provincia di Salerno, padre di tre figli, era precipitato per oltre sei metri mentre lavorava alla costruzione di un ascensore. Non possiamo sapere se e quanto questo immobilismo sia responsabile di tutte queste vite spezzate certo è che molte cose si sarebbero potute e dovute fare in questi ultimi tre anni, non c’è più tempo da perdere bisogna mettere immediatamente gli Ispettori in grado di lavorare e di farlo bene.

Lorenzo Serio