Le nostre fasce consumate ovvero 10 punti per rifondare l’Italia, in Comune

0
61

Domenica durante la sfilata dei carri dei Rioni, come ogni anno ho indossato la fascia tricolore. È macchiata e tutta spiegazzata. Una signora mi ha chiesto come mai non ne avessi una nuova, appena comprata. Ho cercato di spiegarle che non la cambierei con nessun’altra: è la fascia che indosso dal primo giorno, quella con cui ho giurato due volte sulla Costituzione, con cui ho celebrato matrimoni, partecipato agli eventi della comunità, inaugurato opere pubbliche. La porto ogni giorno con me. È un incrocio fra la coperta di Linus e il mantello di Superman: mi conferisce coraggio e mi ricorda di continuo le responsabilità che derivano dal ruolo che ricopro. Spesso la fascia fa sentire noi sindaci indistruttibili, anche se sappiamo non essere vero. Per questo la voglio così, consumata, che porta su di sé i segni di tutte le battaglie combattute.

Quando manca l’acqua in un quartiere, quando c’è una calamità naturale, quando la comunità è colpita da un lutto; ma anche quando i cittadini non trovano lavoro e non sanno come arrivare a fine mese, quando alcuni diritti fondamentali vengono calpestati o non garantiti (spesso proprio dallo Stato), quando ci sono problemi con lo scuolabus o con la mensa scolastica. Sempre, in ogni occasione, lì c’è un Sindaco pronto ad ascoltare. E a tentare di risolvere il problema.

I Sindaci e gli amministratori locali sono il punto di maggiore prossimità istituzionale per i cittadini. Molto spesso purtroppo anche l’unico. La maggior parte dei diritti previsti dalla Costituzione passa attraverso le Amministrazioni locali. Eppure negli ultimi vent’anni con una politica sorprendentemente bipartisan, i Governi nazionali hanno inflitto pesanti tagli agli Enti locali, umiliandoli, impoverendoli e mettendo i Primi Cittadini nelle condizioni di non poter svolgere il proprio dovere. Parliamo di oltre 20 miliardi di euro in meno.

Eppure sono proprio gli amministratori locali ad avere il polso della situazione, a sentire gli umori delle comunità, a percepire (quasi sempre con grande anticipo) le ricadute reali delle scelte fatte a livello nazionale. Dai sondaggi effettuati emerge che i cittadini ripongono nei Comuni e nei Sindaci la più alta fiducia accanto a quella tributata al Presidente della Repubblica.

E fanno bene il proprio lavoro. Infatti i dati forniti dalla Banca d’Italia dimostrano che mentre il debito delle Amministrazioni centrali al 30 giugno 2019 ha registrato un aumento di 22,6 miliardi di euro, quello delle Amministrazioni locali ha invece segnato un ribasso di 1,1 miliardi di euro.

Certo, perché le Amministrazioni locali lavorano sodo, sempre avendo in mente il futuro. Sono costrette a pensare al ritorno e alle conseguenze delle proprie scelte in termini di anni, spesso di decenni; non vivono dietro ai sondaggi, non possono pensare ogni sei mesi alla prossima tornata elettorale; i Sindaci sanno benissimo che le scelte giuste molto spesso non coincidono con quelle popolari. Ma hanno il coraggio di farle lo stesso. Per questo non ricorrono a facili slogan populisti. I Sindaci parlano con i cittadini, incontrandoli faccia a faccia in assemblee spesso molto complesse, e spiegano con pazienza e dovizia di particolari i perché delle decisioni prese.

Possiedono inoltre una visione che trascende l’ideologia di partito. Non a caso molto spesso Sindaci provenienti da partiti politici diversi si trovano d’accordo o sono comunque in grado di fare sintesi su tematiche nazionali. Cosa che non avviene nei partiti tradizionali, spesso neanche all’interno delle singole correnti.

Eppure i Sindaci non vengono mai ascoltati. Mortificati (anche economicamente) nel loro incarico, siamo tra le poche nazioni ad avere una legge non consente loro neanche di candidarsi al Parlamento.

In questi mesi l’Italia sta vivendo un momento molto complesso, probabilmente il più difficile dal dopoguerra. Secondo i dati di Bankitalia, il debito pubblico nazionale ha raggiunto a giugno i 2.386,2 miliardi di euro, un livello mai toccato prima. La povertà è aumentata e con essa il divario fra le diverse fasce sociali che ha generato una idea molto diffusa di incertezza. Mentre sembra venir sempre meno il senso delle Istituzioni, vediamo i principali partiti nazionali completamente assorbiti dalle strategie e dai tatticismi, poco o per niente attenti ai temi programmatici e alle reali esigenze del Paese e degli Italiani.

Noi sentiamo sulle spalle la responsabilità delle nostre comunità. Forse forti proprio di quella consumata fascia tricolore che indossiamo. E crediamo sia arrivato il momento di fare qualcosa.

Riconosciamo il primato del Parlamento nella risoluzione della attuale crisi e auspichiamo velocemente la formazione di un Governo di Legislatura che sappia guidare i processi fino alla scadenza del mandato, conferendo stabilità alla nostra nazione. Ma non basta.

Pretendiamo che si riparta dai contenuti, innanzitutto per promuovere l’accesso ai diritti essenziali per tutti i cittadini, diritti ancorati all’interno della nostra Costituzione, sulla quale noi Sindaci giuriamo una volta eletti. Questioni non rimandabili come:

1. un Patto Nazionale sulla sostenibilità che coinvolga in primis le comunità locali con un impegno a tutti i livelli per il contrasto ai cambiamenti climatici;

2. misure di contrasto alle disuguaglianze per una maggiore equità sociale che rendano strutturali e potenzino gli aiuti già introdotti dai passati governi e che vedano protagonisti gli Enti di prossimità;

3. un Patto per il Sud che guardi al Meridione come riserva naturale della agricoltura e della ricerca industriale, impegnando i Sindaci a monitorare la efficacia delle politiche attive sul lavoro;

4. un Piano nazionale di rammendo dei piccoli Comuni e delle Periferie che individui interventi infrastrutturali decennali in tutta la Penisola;

5. un pacchetto di proposte finalizzato alla diminuzione del cuneo fiscale, che agevoli l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e che al contempo sappia tutelare i diritti dei lavoratori;

6. una riforma che restituisca valore al sistema scolastico nazionale mettendo al centro la cultura e il ruolo degli insegnanti e che sappia al contempo anche collegare la Scuola al mondo del Lavoro;

7. una vera legge sulla semplificazione amministrativa che elimini tutti i lacci e le lungaggini che rallentano l’azione amministrativa rendendoci non competitivi con il resto dell’Europa;

8. misure straordinarie di contrasto alla criminalità organizzata per evitare le infiltrazioni mafiose nelle comunità e negli Enti locali;

9. un pacchetto di misure, con particolare riguardo ai piccoli Comuni, che restituiscano la dignità agli Amministratori locali, ne aumentino i poteri, prevedano nuovi trasferimenti economici e facilitino nuove assunzioni, e che mitighino al contempo gli effetti negativi della riforma delle Province;

10. l’abolizione dei due Decreti sicurezza con la reintroduzione del sistema SPRAR e il coinvolgimento degli Enti locali nella gestione del fenomeno migratorio e dell’integrazione. Di pari passo l’aumento dell’impegno e del dialogo sui tavoli europei, per modificare e aggiornare quelle norme comunitarie che regolano attualmente i flussi immigratori.

E poi una nuova legge elettorale che sia davvero rappresentativa dei territori, che faciliti e non ostacoli la partecipazione dei partiti e delle forze politiche alle competizioni elettorali e che valuti la reintroduzione delle preferenze come strumento di scelta dei propri rappresentanti.

I Sindaci hanno ben chiara la visione del futuro del Paese reale. Sappiamo di essere una importante risorsa per tutta la Nazione e un termometro delle esigenze quotidiane dei cittadini.

Per questo lanciamo un appello a tutti i Sindaci d’Italia: creiamo insieme un tavolo programmatico permanente che possa predisporre priorità concrete e indispensabili da sottoporre al prossimo Governo e che lo affianchi in tutto il corso della Legislatura.

L’Italia ne ha bisogno. Anche noi Italiani.

Alessio Pascucci, sindaco di Cerveteri e Coordinatore Nazionale di Italia in Comune