Le parole “rischio” e “scommessa” lasciamole al calcio della domenica

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Nella seconda settimana di maggio dell’anno scorso, quando si sono riaperti bar e ristoranti, la media era di 181 decessi al giorno e 828 persone ricoverate in terapia intensiva.
Oggi abbiamo in media 427 decessi e quasi 3.600 ricoverati.
Stavamo meglio anche lo scorso autunno, a inizio della seconda ondata: nella prima settimana di novembre contavamo 349 decessi giornalieri e 2.288 ricoveri in terapia intensiva.
Un dato positivo c’è: in autunno i dati dei contagi erano in rapida crescita. Ora, da settimane sono stabili o in lento miglioramento.
Per altro dove si è aperto “in anticipo” sui tempi (leggi la Sardegna passata in un mese dal “bianco” al “rosso”, ma pure la Francia che aveva allentato le misure a dicembre ed è tornata a chiudere il 31 marzo o la stessa Germania) i pericoli di una brusca retromarcia esistono.
Per altro oggi 12 regioni sono oltre la soglia critica per i posti occupati nelle terapie intensive.
La pressione per aiutare presto e bene i settori piegati del commercio, e non solo, è più che comprensibile.
Solo spero, come lui del resto, che le preoccupazioni espresse ieri sera su La7 dal professor Galli siano smentite dai fatti e dalla responsabilità delle persone.
Una sola richiesta mi sento di fare: evitiamo formule del tipo “Il governo si assume il rischio” o “Scommessa di Draghi”, perché proprio oggi nel mondo si supera la soglia dei tre milioni di morti, un milione sono le vittime in Europa e centosedicimila in Italia.
E allora le parole “rischio” e “scommessa” lasciamole al calcio della domenica e pensiamo a gestire queste prossime settimane con la cura necessaria.
Buona giornata e un abbraccio

Gianni Cuperlo