LE REGOLE DA CAMBIARE

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Si discute molto della forma. Della follia di una crisi di governo dichiarata ma mai aperta, di una fiducia tolta confermando i ministri, di decisioni irrevocabili immediatamente revocate. E mai un’analisi, una spiegazione, una prospettiva politica. Non discorsi ma brandelli di frasi, esclamazioni da tweet. Si discute molto della forma, orribile, non si discute abbastanza della sostanza. Del fatto, cioè, che i grillini possano ragionevolmente pensare di allearsi e di governare con la Lega così come con il Pd. Che la Lega possa ragionevolmente pensare di allearsi e di governare con i grillini così come con Forza Italia. Che il Pd possa ragionevolmente pensare di allearsi e di governare con un partito centrista così come con i grillini.
Forma e sostanza in effetti sconcertanti. Ma la sostanza, e in parte anche la forma, dipende da due fattori essenziali: la cultura politica e le regole del gioco. La prima manca, le seconde vanno corrette. Senza una cultura politica di riferimento, leader e partiti si muovono a caso come navi con gli alberi spezzati trascinate dalle correnti di un mare in tempesta. Tutto è possibile, se non si hanno radici, principi, visione. Tutto è possibile, ma niente in realtà si costruisce perché mancano i mattoni e manca anche il cemento. A parte Forza Italia, saldamente ancorata alla propria cultura liberale e conservatrice, tutti gli altri partiti maggiori sono alle prese con la ridefinizione della propria identità e finché questi faticosi processi non si saranno conclusi l’improvvisazione e il velleitarismo continueranno ad essere le cifre salienti del loro agire politico.
Un agire reso ancor più caotico dalla contraddittorietà del sistema elettorale: il 61% di proporzionale esalta il conflitto tra partiti consanguinei; il 37% di maggioritario impone loro alleanze strategiche. Se vogliamo dare stabilità al sistema e un minimo di forza ai governi sarebbe opportuno decidere. O tutto proporzionale, ma allora dovremmo smetterla di chiamare “inciuci” gli accordi parlamentari e rassegnarci alla fragilità dei governi. O tutto maggioritario, ma allora dovremmo accettare il fatto che le coalizioni non possano essere guidate da leader estremisti e divisivi. Personalmente, ho sempre preferito il sistema maggioritario.