LE SCUOLE CHIUSE METTONO A RISCHIO I GIOVANI. QUELLE APERTE NO

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Ho invitato al Ministero la dottoressa Sara Gandini per presentarmi e spiegarmi lo studio che ha condotto con altri esperti riguardo l’incidenza del virus nelle scuole anche rispetto alla variante inglese.
La dottoressa Gandini è direttrice dell’unità Molecular and Pharmaco-Epidemiology presso il dipartimento di Oncologia dell’istituto europeo di oncologia di Milano e la ricerca che ha condotto a firma sua, di Maurizio Rainisio, Maria Luisa Iannuzzo, Federica Bellerba, Francesco Cecconi e Luca Scorrano dal titolo “A cross-sectional and prospective cohort study of the role of schools in the SARS-CoV-2 second wave in Italy” è stata pubblicata dalla prestigiosa rivista scientifica The Lancet Regional Health – Europe.
Gli autori hanno analizzato i dati del Ministero dell’istruzione incrociandoli con quelli di Ats e Protezione civile fino a coprire un campione pari al 97% delle scuole italiane: più di 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti.
L’analisi parte dai mesi della seconda ondata (settembre-dicembre) ma i termini della discussione sono stati aggiornati considerando statisticamente anche la nuova variante inglese, confermando che il concetto non cambia.
Parliamo di cose serie. Di studi attendibili e di grande professionalità, oltre che passione.
Ci tenevo a conoscere meglio la ricerca che la dottoressa ha realizzato insieme ad altri scienziati e che conferma, con evidenze scientifiche, che la nostra posizione di sempre, cioè di tenere aperte le scuole in presenza, è supportata da evidenze scientifiche.
Ho avuto modo di parlare a lungo con lei, di chiederle dettagli riguardo la ricerca che ha condotto e le sono molto grata per questo arricchente contributo scientifico che ha offerto al dibattito pubblico e alla politica. È importante che le scelte politiche siano sempre supportate da confronti con esperti e da uno studio attento dei documenti.
Dopo questo incontro confermo e sostengo sempre con più certezza che le scuole devono riaprire, possibilmente per ogni ordine e grado, e soprattutto non dobbiamo chiuderle più.
Una serie di ragioni ci inducono a questa posizione:
– Intanto mancano prove evidenti che, in conseguenza alla chiusura delle scuole, ci siano vantaggi sul contenimento del virus.
– Le scuole continuano ad essere gli ambienti nei quali il contagio avviene meno che in altri ambienti.
– Sulla base di dati epidemiologici, l’analisi ‘scagiona’ l’apertura delle scuole sostenendo che non c’è correlazione significativa tra diffusione dei contagi e lezioni in presenza di bambini e ragazzi.
– Non ci sono evidenze scientifiche che l’aumento del contagio tra i soggetti in età scolastica sia legato all’apertura delle scuole.
– Non ci sono evidenze scientifiche che la variante inglese si diffonda maggiormente nelle sole fasce d’età scolastiche.
– Non ci sono evidenze scientifiche che le diverse varianti circolanti nel Paese siano resistenti ai vaccini in uso in Italia.
Dalla ricerca si evince inoltre che all’interno delle scuole a contagiarsi maggiormente è il personale scolastico, il 77% del quale ad oggi è già stato vaccinato.
Non è tempo di facili slogan. C’è un altro contagio da fermare ed è quello della saluta psicofisica dei nostri giovani.
Il ritorno in classe per le nostre studentesse e i nostri studenti riguarda non solo il loro diritto allo studio, che dobbiamo tutelare, ma anche il loro diritto alla salute. Stare a scuola infatti li protegge da gravi disturbi psicologici, alimentari e psico-cognitivi che invece si stanno diffondendo sempre di più.
C’è un debito, grave, che stiamo contraendo con i nostri giovani. E riguarda il loro futuro e quello del livello culturale della nostra nazione.
Non ci saranno ristori né sostegni a sufficienza. Adesso la riapertura per tutti gli ordini e gradi di scuola il più presto possibile. Cominciamo a pagare il debito culturale ed etico che abbiamo con la nuova generazione.
Presto, che è già tardi.