Più che fascista tout court, Claudio Durigon è personaggio da Canale Mussolini, nipote di braccianti veneti emigrati per la bonifica dell’Agro pontino.
Il sottosegretario leghista ha il gusto della battuta, spesso grossolana: è un po’ “sborone”, dice un compagno di partito. E l’ultima “sboronata” gli è scappata su un parco pubblico dedicato a Falcone e Borsellino, a cui Durigon vorrebbe restituire la denominazione originaria: “La storia di Latina è quella che qualcuno ha voluto anche cancellare, cambiando il nome a quel nostro parco che deve tornare a essere quel parco Mussolini che è sempre stato”, ha detto qualche sera fa in un comizio a “Littoria”. S’intende Arnaldo, fratello di Benito, ma il senso è chiaro.
L’improvvida uscita ha restituito carburante a chi chiede di rimuoverlo dalla carica di sottosegretario all’Economia, richiesta che è tornata ieri da più parti e da più partiti. Solo che Mario Draghi tace: nel governo dei migliori, Durigon pare intoccabile.
Lo è nonostante il video di Fanpage, nel quale si vantava, ripreso di nascosto, che il generale della Guardia di finanza che indaga sulla Lega fosse stato piazzato lì dallo stesso partito. È intoccabile nonostante gli intrecci con soggetti imbarazzanti dell’imprenditoria e della politica pontina, finiti nelle inchieste della Dda sulle infiltrazioni mafiose nel Basso Lazio. Inchieste alle quali Durigon è estraneo: nessun capo d’accusa, solo domande senza risposta sui personaggi e sui clan che hanno gravitato attorno alla Lega di Latina durante la campagna che l’ha portato in Parlamento.
Ed è intoccabile nonostante le circostanze poco nitide della sua carriera sindacale, tra gestioni allegre e tesseramenti fantasiosi. Durigon deve molto, se non tutto, all’Ugl (ex Cisnal, la sigla della destra sociale) di cui è stato vicesegretario dal 2014 al 2018. Quell’Ugl che ha trasformato nella base organizzativa di Matteo Salvini nel Lazio. Nelle stanze del sindacato in via delle Botteghe Oscure è arrivata prima la Bestia dello spin doctor Luca Morisi, poi il partito – che ha attinto liberamente a uomini e risorse – s’è preso un piano intero. Durigon benedice da Montecitorio, incassa forse la candidatura alla Regione Lazio e conserva una poltrona prestigiosa nel governo dei migliori. Nel silenzio ermetico del premier.
Tommaso Rodano


