Legalizzazione Cannabis: se non ora, quando?

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Stati Uniti d’America, dicembre 1933. Un Paese dilaniato dalla crisi del ‘29 seguita al crollo della borsa di Wall Street, che dette il via alla così detta “Grande Depressione”, in cui il tracollo economico e finanziario mise in ginocchio centinaia di migliaia di americani, con il fallimento di numerose aziende, l’incremento vertiginoso della disoccupazione (oltre il 25% della popolazione attiva) e una severa contrazione del reddito. Tra le tante novità introdotte da Roosevelt nel New Deal per fronteggiare quella crisi senza precedenti, ne spiccava una a firma del senatore John Blaine. Con il Blaine Act del 5 dicembre 1933, veniva messa in moto la procedura costituzionale che avrebbe portato alla rimozione del Diciottesimo emendamento, la legge che nel 1920 aveva dato il via al cosiddetto Proibizionismo: un’epoca durata 13 anni in cui negli Stati Uniti furono completamente vietate le bevande alcoliche. Da quel momento in poi, milioni di americani poterono acquistare l’alcol liberalizzato e regolarmente tassato, facendo impennare le entrate del Governo: vennero anche creati circa un milione di posti di lavoro collegati all’industria degli alcolici e come se non bastasse migliaia di bande criminali affiliate al mercato nero dell’alcool videro andare in fumo, da un giorno all’altro, un giro di affari da milioni di dollari.

Italia. Giugno 2020. Un paese che ancora stava pagando gli strascichi delle crisi del 2008 e 2012 e di anni di politiche scellerate che hanno drasticamente impoverito la popolazione, si trova a dover mettere a punto in breve tempo delle riforme efficaci per non soccombere a causa delle ferite (sociali ed economiche) innescate dal Coronavirus. Chiusura di moltissime aziende ed esercizi commerciali, incremento vertiginoso della disoccupazione, contrazione severa del reddito.

Una nuova “Grande Depressione”.

E se, proprio come successe per la crisi del ‘29, oltre che ad un pacchetto importante di riforme strutturali, si ponesse fine una volta per tutte al tabù del proibizionismo della cannabis legalizzandone l’utilizzo ricreativo oltre che terapeutico? Si metterebbe in moto così un vero e proprio nuovo settore produttivo che secondo il professor Marco Rossi dell’Università La Sapienza di Roma, genererebbe più di 350.00 posti di lavoro nel giro di pochi anni.

Mettendo da parte presunti convincimenti e certezze ideologiche, cerchiamo di leggere i dati dei numerosi studi svolti sul tema della legalizzazione.

L’università degli Studi di Messina, che ha condotto uno degli studi più autorevoli su questo tema, ha stimato quali sarebbero i benefici economici in termini di gettito fiscale come conseguenza di una ipotetica legalizzazione. Applicando una tassazione pari a quella per le sigarette, che ha un’aliquota pari al 75%, e ipotizzando un prezzo medio di mercato intorno ai 10 euro, il professor Ferdinando Ofria e il suo team hanno dimostrato che il beneficio per lo Stato sarebbe oltre i 6 miliardi di euro, numero ottenuto semplicemente dalla stima di consumo di cannabis moltiplicato per il prezzo medio di mercato. A questo andrebbero aggiunti anche la diminuzione delle spese di magistratura carceraria, stimate intorno ai 500 milioni di euro, e delle spese di operazioni di ordine pubblico e sicurezza, calcolate sui 200 milioni di euro. In generale si prevede un aumento percentuale del PIL compreso tra il 1,20% e il 2,34%, con evidenti ricadute positive sul debito pubblico e sui parametri di stabilità economico-finanziaria del Paese. Come se non bastasse, dalla legalizzazione ne deriverebbero benefici indiretti dati dal contrasto alla criminalità e cioè una migliore qualità del prodotto sul mercato e di conseguenza sulla salute dei consumatori.

Proprio la salute dei cittadini è uno dei nodi cardine su cui una certa parte di politica sembra non voler cedere all’idea della legalizzazione: “Lo Stato non diverrà spacciatore di sostanze che mettono a rischio la salute delle persone” dice qualcuno poco informato.

Ma la cannabis è veramente così tanto dannosa come la dipingono?

Grazie ad uno studio condotto da David Nutt dell’Università di Bristol è stata stilata la classifica delle 20 droghe più pericolose al mondo tenendo presente tre fattori: il danno fisico, la dipendenza e il danno sociale.                                                                                fonte

https://www.beppegrillo.it/legalizzazione-cannabis-se-non-ora-quando/?fbclid=IwAR3c1LltrvVkHKosWuLCEcegYQfEnFzXHVgg_rWIzrO0yP6mymyF3z0SO_k