Legge elettorale: un pasticcio fatto apposta per fregare Salvini

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La maggioranza giallorossa pare abbia trovato una prima quadra sulla nuova legge elettorale. Ormai nel nostro Paese le maggioranze parlamentari si scrivono da sole le regole del gioco per fregare l’avversario. Fatto sta che, su iniziativa “istituzionale” del presidente della commissione affari costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia (M5S), è uscita una nuova proposta di legge elettorale. Vediamo di cosa si tratta.

Rispetto all’attuale Rosatellum vengono eliminati i collegi uninominali e la possibilità di creare le coalizioni pre-elettorali tra liste. Ciascuna lista correrà da sola salvo poi allearsi con altre liste in Parlamento alla ricerca di una maggioranza. Siamo, in sostanza, di fronte ad un sistema elettorale proporzionale che ci riporta alla Prima Repubblica, in assenza peraltro di quel sistema di partiti “solidi” che aveva caratterizzato la Prima Repubblica.

Il nodo cruciale, quello della soglia di sbarramento, sembra essere stato risolto fissando la soglia al 5% su base nazionale, garantendo tuttavia il cosiddetto diritto di tribuna. In pratica, le liste che riusciranno ad ottenere il 5% quantomeno in tre circoscrizioni in due regioni per l’elezione della Camera e in due circoscrizioni in una regione per l’elezione del Senato, si aggiudicheranno i seggi ottenuti in quelle regioni. Un contentino a LeU. Renzi invece inizialmente si era detto contrario ad una soglia di sbarramento così alta, ma alla fine ha accettato perché convinto (beato lui che ci crede) di arrivare al 5% a livello nazionale.

Le circoscrizioni saranno abbastanza ampie, quindi le liste minori se la giocheranno quantomeno nelle regioni in cui sono più forti. Resta però il nodo delle preferenze, infatti i partiti di maggioranza hanno rinviato la questione ad un nuovo incontro. Ma tutto lascia pensare che alla fine prevarrà la scelta dei soliti listini bloccati, sottraendo ancora una volta al popolo la possibilità di eleggere direttamente i suoi rappresentati come prevede la Costituzione.

Ma il dato saliente è un altro. La proposta di legge è stata scritta perché possa applicarsi sia nel caso diventasse operativa la riforma costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari (600 membri), sia se si tornasse a votare a Costituzione vigente (945 membri). Questo dato lascia intendere che non sono escluse le elezioni anticipate entro la primavera di quest’anno e prima del referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Soluzione che conviene a Renzi e agli altri partiti minori (LeU, piùEuropa etc.), ma anche al M5S, che limiterebbe gli effetti della sua più che probabile sconfitta elettorale.

Tuttavia, se anche il Conte bis cadesse, non è detto che si torni alle urne. Quattro senatori vicini a Mara Carfagna hanno ritirato la loro firma dalla proposta di referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Carfagna mira in realtà a sabotare il referendum abrogativo lanciato dalla Lega, ma il dato politico della mossa resta. Se il Conte bis saltasse, i parlamentari di FI che fanno riferimento a lei sono pronti a sostenere un nuovo governo con una maggioranza più ampia, evitando le elezioni anticipate. Non è detto che l’ex soubrette abbia i numeri, ma un tentativo di salvare Legislatura e poltrona lo farà.

La situazione resta ingarbugliata e i nodi verranno al pettine solo dopo che la Corte costituzionale avrà deciso (entro il 20 gennaio) sull’ammissibilità o meno del quesito referendario abrogativo proposto dalla Lega, che intente ottenere un sistema maggioritario coi collegi uninominali all’inglese. Nel caso la Corte ammettesse il quesito – e sarebbe un successo politico della Lega e personale di Calderoli – la maggioranza di governo accelererà sull’approvazione della legge proporzionale allo scopo di far saltare il referendum leghista per cassata materia del contendere (come nel caso del referendum abrogativo del 2017 sui voucher). Ma si verrebbe a creare una palese contraddizione tra una Corte che legittima un referendum che mira ad introdurre un sistema elettorale maggioritario (riconoscendo implicitamente che forse è questo l’ultimo tentativo per dare governi stabili all’Italia) e i partiti di governo che – per mantenere le loro poltrone – vogliono invece un sistema proporzionale, che come conseguenza può sortire soltanto governi deboli.

Come che sia, invece di scrivere le regole del gioco nell’interesse del Paese, i giallorossi stanno cercando il modo per fregare Salvini. Ma puoi escogitare tutti i sistemi elettorali che vuoi, se non hai i voti perdi comunque.                                                                                                                                                        di Paolo Becchi e Giuseppe Palma