L’INVISIBILITÀ DEL LAVORO DI CURA SVOLTO DALLE DONNE

0
69

“La mancata misurazione dei servizi domestici non retribuiti è forse la madre di tutti i gender data gap”

Nel 1934 lo statistico Simon Kuznets ha calcolato per la prima volta il PIL (Prodotto Interno Lordo) degli Stati Uniti, escludendo i servizi di cura erogati dalle donne con bambini o anziani e per la casa. Di conseguenza, a partire dal dopoguerra, si è assistito a una crescita del PIL, anche se di fatto la produttività si è spostata dalla dimensione privata alla sfera pubblica. Ad esempio, comprare abiti e cibi già pronti, anziché fatti in casa dalle donne, aumenta quell’indicatore. Quando un Paese decide di tagliare la spesa sui servizi pubblici per bambini e anziani, di fatto scarica sulle donne il costo dei servizi di cura – che vanno comunque svolti – e limita la loro partecipazione alla forza lavoro retribuita.

Nel 2015 la McKinsey & Company ha calcolato che se le donne potessero partecipare alla forza lavoro in misura pari agli uomini il PIL mondiale aumenterebbe di ben 12 mila miliardi di dollari”. Introdurre congedi di paternità e maternità retribuiti favorirebbe una maggiore parità salariale e aumenterebbe il tasso di occupazione femminile.

Investire nei servizi di istruzione prescolastica farebbe crescere il PIL del 3,5% entro il 2080, riducendo il carico di lavoro femminile non retribuito.
In sostanza “l’intera società dipende dal lavoro non retribuito delle donne e da quel lavoro trae beneficio. […] Il lavoro non pagato delle donne non è una «scelta»: fa parte del sistema che abbiamo creato, ma potrebbe facilmente esserne estromesso. Il primo passo è raccogliere i dati; dopodiché si può cominciare a progettare un’economia fondata sulla realtà e non sull’immaginario maschile”.
A cura di Ilaria Moroni

Citazioni e dati tratti dal libro: Caroline Criado Perez, “Invisibili. Come il nostro mondo ignora le donne in ogni campo. Dati alla mano”, Einaudi, 2020