L’Italia adesso rischia la spaccatura definitiva tra popolo e istituzioni

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Il primo giro di consultazioni al Quirinale è terminato e sta per iniziare il secondo. Quello molto probabilmente definitivo, anche perché il Presidente – giustamente – non la vuole tirare per le lunghe. In questi giorni i gruppi parlamentari di Pd e M5S si sono incontrati per trovare la quadra. Di Maio e Zingaretti si sono anche visti personalmente e il capo politico pentastellato ha fatto al segretario Pd il nome di Conte come Presidente del consiglio. Zingaretti, che invece aveva chiesto discontinuità, non ne vuole in apparenza sapere di un Conte-bis. Spariglierà con Fico? Ci sembra difficile l’impresa. Accetterà alla fine Conte che comunque è sempre stato un infiltrato del Pd nel governo? È questa l’ipotesi più plausibile. Zingaretti si rimangerebbe la parola due volte, la prima sulle elezioni anticipate e ora su Conte. Cosa fare pur di fottere Salvini… Vedremo. Salvini ha comunque la matta da giocarsi.

ELETTORI TRADITI

Qui ci interessa porre l’attenzione su tre altri aspetti che riguardano l’eventuale intesa tra Pd e M5S. Il primo è quello che una maggioranza M5S-Pd darebbe vita ad un governo senza alcun riscontro nella volontà popolare. Una spaccatura tra popolo e Istituzioni, dove il popolo non solo non vedrebbe rispettata la sua volontà espressa più volte nelle urne nell’ultimo anno e mezzo (politiche, regionali, amministrative ed europee), ma soprattutto penserebbe che il suo voto non conti proprio un cazzo e che ogni decisione venga assunta nei palazzi del potere, se non peggio nelle riunioni sovranazionali della Ue.

Il secondo è quello che alle elezioni del 4 marzo dello scorso anno il centrosinistra arrivò terzo, ottenendo il 22,8% dei voti, col Partito democratico poco sotto il 19%. A vincere le elezioni – stando la circostanza fondamentale che la legge elettorale prevede anche le coalizioni tra liste – fu il centrodestra col 37% dei voti, ottenendo come coalizione la maggioranza relativa dei seggi in entrambi i rami del Parlamento. All’interno del centrodestra, primo partito fu la Lega di Salvini col 17,4%. Il M5S, non coalizzatosi con nessuno, fu primo partito con il 32,7% dei voti. Un governo M5S-Pd escluderebbe quindi dalla guida del Paese tutte le componenti della coalizione di centrodestra, cioè quella più votata alle elezioni politiche (pur senza ottenere la maggioranza assoluta dei seggi).

IL COMMISSARIO UE

Terzo ed ultimo aspetto è quello che un governo M5S-Pd renderebbe privo di efficacia il voto popolare alle elezioni europee del 26 maggio di quest’anno, stravinte dalla Lega col 34,3% dei voti; i 5 Stelle al 17% e il Pd al 22,7%. All’Italia, come a tutti gli Stati membri della Ue, spetta l’indicazione di un commissario europeo, che viene nominato dal governo in carica. Se il prossimo governo fosse a maggioranza M5S-Pd-LeU-piùEuropa, l’indicazione andrebbe su un esponente non leghista, e ciò non rispetterebbe il voto popolare del 26 maggio, anzi lo tradirebbe generando negli elettori una legittima repulsione verso i giochetti di palazzo che tradiscono la volontà popolare espressa in libere elezioni.

Tre aspetti da non sottovalutare che potrebbero causare una spaccatura insanabile tra popolo e Istituzioni.

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero, 26/08/2019