L’Italia sa quali riforme sono necessarie, ma la politica deve muoversi

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Il fatto che Charles Michel abbia deciso di mantenere i 750 miliardi del Recovery Fund è una buona notizia, ma non possiamo sacrificare il bilancio Ue. E ritengo inaccettabile aver spostato dalla Commissione al Consiglio il potere di approvare i piani nazionali di riforma”. Irene Tinagli guida la commissione Affari economici del Parlamento europeo. Sulla sua scrivania passano i dossier economici-chiave e in questi giorni l’eurodeputata del Pd sta lavorando allo strumento disegnato per fornire un sostegno alla solvibilità delle aziende.

Il Parlamento sosterrà i tagli al bilancio proposti da Michel?

“Non possiamo permetterci di tagliare programmi che saranno indispensabili nel futuro. Il Recovery è uno strumento temporaneo, ma la crisi avrà ripercussioni più lunghe. Per questo serve un bilancio più sostanzioso”.

È quello che chiede anche Orban, che però già minaccia il veto: se resta la clausola sullo Stato di diritto, dice che non voterà il pacchetto.

“E questo non va bene. Perché qui si tratta di difendere un principio fondamentale per l’Ue che va oltre la crisi economica. Se si toglie questo vincolo, per il Parlamento è un grande problema”.

I Paesi dell’Est criticano anche i criteri scelti per distribuire le risorse: è giusto assegnarle in base alla disoccupazione degli ultimi 5 anni? Non si dovrebbe guardare all’impatto della crisi?

“Il problema è che questa crisi ha colpito quelle economie che già avevano delle fragilità e l’obiettivo della Ue è di evitare l’aumento delle divergenze. È importante tenere in considerazione le difficoltà pregresse”.

Michel ha deciso di assegnare al Consiglio, e non alla Commissione, il ruolo di giudice sui piani di riforma nazionale: è d’accordo?

“No, lo ritengo inaccettabile. Per la maggioranza del Parlamento sarà difficile digerirlo. Questo è un piano europeo e deve essere gestito dalle istituzioni Ue, non dalle rappresentanze dei governi. È giusto che sia la Commissione a decidere e noi chiediamo anche un ruolo rilevante per il Parlamento”.

Rutte però dice: sono i soldi dei cittadini olandesi e dunque io voglio sapere come l’Italia li spende.

“Eh no. Sono soldi dei cittadini europei per progetti europei. O si accetta questo principio, oppure non si va da nessuna parte. Non si può stare nell’Ue con la calcolatrice per valutare ogni volta il dare-avere. C’è un interesse comune, che è il mercato unico e la salute di tutte le economie”.

Se l’Italia ha questa fama ha qualche colpa oppure sono solo pregiudizi?

“Nei momenti più difficili l’Italia ha saputo rialzarsi e anche fare riforme. E ora deve dare prova di essere all’altezza della sfida. Non abbiamo bisogno che nessuno ci dica cosa dobbiamo fare, lo sappiamo benissimo da soli. Certo, se poi appena spuntano le risorse Ue si inizia a parlare di come tagliare le tasse…”.

Il dibattito sul Mes danneggia l’Italia nei negoziati?

“Di certo questa ambiguità non ci ha agevolato, ma anzi ha dato un alibi ad alcuni Paesi del Nord che ci accusano di essere incapaci di decidere”.

Ma quei fondi servono?

“La politica deve darsi una svegliata. Se siamo tutti d’accordo nel dire che servono investimenti nella Sanità, allora non capisco perché dovre