Litosfera, di Federica Lavarini

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La fatica dei minatori del Sulcis-Iglesiente che, fino a pochi anni fa, scendevano in gabbie di ferro in gruppi da 70 persone a 450 metri di profondità per estrarre carbone non è mai stata considerata un atto creativo. Eppure, entrare in tempi di Covid negli spazi del Centro Pecci per visitare Litosfera, in corso fino al 25 aprile, rappresenta un vero e proprio privilegio, vista peraltro la lunga e perdurante chiusura dei musei nel nostro Paese a causa della pandemia. Curata da Cristiana Perrella, la mostra mette in relazione due opere: il video A Fragmented World (2016) di Elena Mazzi e Sara Tirelli, e l’installazione Produttivo (2018-2019) di Giorgio Andreotta Calò. Entrambe le opere sono entrate a far parte della collezione permanente del Centro di arte contemporanea toscano.
Le opere, in modi diversi, indagano la geologia come scienza da un lato speculativa – in Fragmented World si fa riferimento alla teoria delle fratture del fisico italiano Bruno Giorgini – dall’altro funzionale al sistema economico in Produttivo. L’imponente installazione di Andreotta Calò è costituita da una ricomposizione quasi archeologica del materiale dei carotaggi eseguiti dalla Carbosulcis nel corso della sua lunga attività, conservati nell’archivio storico dell’azienda, l’ultima miniera italiana, chiusa nel 2019.
In entrambe le opere, la scienza che studia la composizione della crosta terrestre è quanto mai legata all’esistenza dell’essere umano. Forse solo il contatto con ambienti inospitali, quali un vulcano o una miniera, oppure episodi estremi come i terremoti che hanno colpito il centro Italia nel corso dell’ultimo decennio, da L’Aquila ad Amatrice e Norcia, ci ricordano, talvolta in modo tragico, di questa prossimità.
Andreotta Calò si interessa molto a ciò che nel sistema industriale contemporaneo non funziona: l’anomalia, il fatto che sfugge ai calcoli degli scienziati – come l’antefatto della personale “Città di Milano” all’Hangar Bicocca dove l’installazione Produttivo ha esordito – e in quello che delle conoscenze tecnologiche, dei meccanismi manifatturieri, viene abbandonato per perseguire altre strade, più etiche dal punto di vista economico ed ecologico. La pandemia ha messo in luce come sia necessario ripensare il nostro sistema socio-economico, come l’individualismo su cui è basato non sia in grado di salvarci: “La globalizzazione ha creato un’interdipendenza senza solidarietà” scrive Edgar Morin in Cambiamo strada. Le 15 lezioni del Coronavirus. Siamo tutti, oggi, dei frammenti ovvero l’esito di una grande scossa tellurica. Il nostro lungo cammino deve ora ritrovare un nuovo assetto. E vi riuscirà solo se avremo la pazienza di ricomporre assieme i pezzi, dandovi un nuovo significato.