L’uso del contante tra verità e falsi miti

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Il nuovo limite per il pagamento in contanti è ufficialmente in vigore: la nuova soglia massima è 2.000 euro, destinata a scendere a 1.000 euro da gennaio 2022. L’introduzione del nuovo limite all’uso del contante era già stato stabilito dal decreto n. 124/2019 collegato alla Legge di Bilancio, come ulteriore strumento nelle mani del Governo per la lotta all’evasione fiscale.
Negli ultimi 20 anni il tetto per le operazioni in contanti è cambiato svariate volte. È stato il Governo Monti a scendere per la prima volta a 1.000 euro alla fine del 2011 e fino al 2015.
Prima invece, tra il 2008 e il 2010, il limite era fissato a 12.500 euro per i pagamenti in contanti. Il piano attuale è quello di tornare alla soglia massima 1.000 euro a partire dal 2022, ma ci si arriverà gradualmente.

Superando la soglia stabilita di 2.000 euro, dal 1° luglio 2020 scattano sanzioni salate: fino a 50.000 euro per operazione.

Il contante, si dice, è il metodo di pagamento prediletto per le transazioni legate all’economia “nera” (a sostenerlo è tra gli altri il rapporto 2014 Uif-Bankitalia): un’affermazione difficile da smentire, ma che viene usata in modo strumentale per dedurne una tesi tutta da verificare. È scorretto infatti supporre che limitando l’uso del contante i cittadini ne saranno automaticamente indotti ad utilizzare i metodi di pagamento elettronici.

In Europa, il tetto a mille euro che sarà la prossima tappa della reprimenda italiota era condiviso dal solo Portogallo, alla cui compagnia si è aggiunta la Francia, per equilibrare le proposte dell’allora ministro Macron. Persino in Grecia il tetto è più alto, a 1500 euro. In Germania e Olanda non c’è mai stato. In Danimarca supera i 13mila euro. Ora, in uno stato democratico, i limiti alle forme di pagamento sono da ritenersi ingiuste e improprie compressioni della libertà individuale.
Inoltre, così come l’infernale crociata contro l’evasione fiscale (controbilanciata da un continuo aumento di tasse, imposte e accise) non ha ridotto l’evasione, analogamente, con la lotta al contante è accaduto che la gente non solo non ha evaso meno, ma ha speso meno e speso altrove, anche facendo uso di altre monete.

Dati alla mano, Lippi dimostra come l’abbassamento del tetto del contante a mille euro (per decisione del governo Monti, nel 2012, di cui sopra accennato) non sia stato accompagnato da un cambiamento significativo nella percentuale di famiglie che possiedono bancomat o carta di credito. Dal 2010 al 2012, la percentuale di famiglie che possedevano il bancomat salì di appena due punti percentuali, dal 69% al 71%; quella di famiglie in possesso di una carta di credito scese addirittura dal 32% al 29%.
Parallelamente, la percentuale di spesa in contanti scende di poco, dal 43,7% al 40.9% in quattro anni, dal 2008 al 2012. Secondo i calcoli, il recupero dell’evasione – stimato sull’assunzione, tutta da provare, che l’Iva sugli acquisti dei beni interessati dalla rilevazione fosse completamente evasa prima del 2008 e pagata per intero nel 2012 – si attesterebbe intorno ai sei miliardi di euro. Rispetto ai cento miliardi che costituirebbero il totale dell’evasione, sicuramente una percentuale ridotta: o così almeno sarebbe per i sostenitori dello “zero contante”, che vedono nell’abolizione della cartamoneta la panacea per ogni male.  fonte    https://www.ilparagone.it/attualita/luso-del-contante-tra-verita-e-falsi-miti/