Macaluso “stende” Renzi: Uno Stalin senza personalità

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Della Leopolda si è scritto e parlato in questi giorni più di quanto fosse necessario per un appuntamento un po’ logoro che, giunto alla decima edizione, fa notizia solo per gli effetti speciali che gli organizzatori riescono di volta in volta a tirare fuori dal cilindro: la votazione del logo di “Italia Viva”, le invettive contro il Pd, gli attacchi al governo, gli ammiccamenti agli evasori fiscali, l’invito agli esponenti di Forza Italia ad aggregarsi all’allegra comitiva di Renzi, Boschi e Bellanova. Ma tolti gli effetti speciali, rimane il nulla. Anzi peggio: c’è, come scrive oggi Emanuele Macaluso, storico dirigente della sinistra italiana, “il ritorno del culto della personalità, ma senza personalità”, “gli osanna al capo”, “gli applausi a prescindere”. C’è, insomma, secondo Macaluso, che arriva ad evocare Stalin, il nuovo partito personale di Renzi. Qui il post integrale con cui Macaluso rade al suolo la Leopolda.

IL CULTO DELLA PERSONALITA’ E LA TENUTA DEL GOVERNO

Alla “Leopolda 10” è ritornato il culto della personalità. Ma senza personalità. Stalin, nel bene e nel male, era una personalità e tale era considerato da chi lo odiava e da chi lo adorava. Quel che ho ascoltato, grazie a Radio Radicale, non ha precedenti nella vita politica italiana. Del resto, basta leggere l’ampia cronaca del Corriere della Sera redatta da Gian Antonio Stella. Ad ogni frase del Capo seguiva un applauso, prescindere da quel che diceva. E gli interventi dei partecipanti erano solo degli osanna al Capo senza argomenti per giustificare la scissione dal Pd. Maria Elena Boschi, per tentare di giustificarla, ha sostenuto che il Pd è il “partito delle tasse”. E lei, con questo partito delle tasse, è stata al governo anche quando il suo Capo era caduto da cavallo. Con il governo Gentiloni era sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, come Andreotti con De Gasperi e Gianni Letta con Berlusconi. Miserie.

Dal punto di vista politico, tra un applauso e l’altro, si è capito che esiste un asse tra Renzi e Di Maio, impegnati in una campagna per sostituire Conte che ha osato finalmente di fare il presidente del Consiglio. Ma sono velleità dei due nuovi soci. Come abbiamo già osservato l’altro giorno, se cade Conte, cioè il governo, ci sono solo le elezioni anticipate. Lo ha riconfermato il segretario del Pd Zingaretti. Tuttavia, è bene ricordare che questo governo è nato per impedire le elezioni temendo un successo di Salvini. E i due che si sono spesi di più per questo esito sono stati proprio Renzi e Di Maio, i quali temevano le elezioni. E’ questa la ragione della debolezza del governo, come dicevo, nato per evitare il voto popolare per paura del successo di un avversario, certo pericoloso anche per la democrazia italiana, ma non ancora sconfitto dal voto popolare.

Dato che le cose stanno così, la logica politica ed un minimo senso di responsabilità richiederebbe un impegno comune per un successo del governo. Infatti, solo un successo può segnare una sconfitta dell’opposizione della destra razzista e populista che si è radunata a piazza San Giovanni. Proprio questa manifestazione ci ha detto che il Pd, impegnato giustamente a sostenere questo governo, dovrebbe oggi soprattutto impegnarsi nell’organizzazione del popolo.

Oggi, ancora moltissimi sono gli elettori che intendono astenersi dal voto, cioè lavoratori, giovani che non partecipano, forse anche perché non convinti da quel che vedono. Ecco perché è necessario intensificare il colloquio con le persone ed organizzare il popolo per tornare nelle piazze che non vanno lasciate alla destra. Anche perché siamo in presenza di un fatto politico eccezionale: il sindacato, unitariamente, è decisamente contro le manovre dei due soci: Renzi e Di Maio. I sindacati sostengono il presidente del Consiglio con il quale hanno trattato e concordato anche politiche fiscali. Per capirlo, oggi basta leggere le dichiarazioni di Landini, segretario della Cgil e della segretaria della Cisl, Furlan.

Fortebraccio News