Malattia di Niemann-Pick di tipo A, dati preclinici promettenti per la terapia genica

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In modelli animali non sono stati registrati gravi effetti collaterali e il trattamento si è rivelato efficace

La malattia di Niemann-Pick è una patologia lisosomiale contraddistinta dall’accumulo di sfingomielina e altri lipidi in più organi del corpo. Due forme di questo raro disturbo, la A e la B, sono entrambe causate dalla mancanza dell’enzima sfingomielinasi acida. La malattia di Niemann-Pick di tipo A (NPD-A) è la variante più comune, in cui l’accumulo di lipidi inizia a verificarsi già in epoca prenatale: i primi sintomi compaiono intorno ai 6 mesi di vita e la condizione progredisce rapidamente, conducendo i piccoli pazienti alla morte prima dei 5 anni.

Una trattamento specifico per la NPD-A non esiste ancora, ma lo studio pubblicato sulle pagine della rivista Science Translational Medicine dal gruppo di ricercatori coordinati da Krystof S. Bankiewicz, neurochirurgo dell’Ohio State University College of Medicine, potrebbe rappresentare un pezzo cruciale nel puzzle di una cura per la malattia che tutto il mondo scientifico sta tentando di comporre.

La collaborazione tra genetisti e biologi molecolari americani e spagnoli ha portato alla realizzazione di un costrutto (AAV9-hASM) formato da un vettore virale adeno-associato (AAV9) in grado di trasportare all’intero delle cellule una copia del gene che codifica per l’enzima ricombinante umano sfingomielinasi acida (hASM). Si tratta quindi di una terapia genica grazie a cui è possibile fornire all’organismo l’enzima mancante, permettendogli così di scomporre e metabolizzare i lipidi come la sfingomielina, che, quando si accumulano nel cervello, sono responsabili di quelle alterazioni del sistema nervoso che costituiscono i sintomi peggiori della Niemann-Pick. Tuttavia, il cervello è un organo delicato e per i ricercatori era fondamentale capire quale fosse il sito d’iniezione migliore, in grado di garantire che all’efficacia del trattamento corrispondesse un buon profilo di sicurezza.

Ricorrendo a modelli animali, quali primati e topi, gli studiosi hanno individuato tale sito in un’area alla base del cervello, la cosiddetta cisterna cerebello-midollare. I risultati osservati sui primati sono stati confermati sui topi in cui era stato riproposto un modello della malattia: i livelli di sfingomielina sono risultati sensibilmente diminuiti senza che fossero osservabili reazioni immunitarie e infiammatorie gravi, differentemente da quanto emerso con un’iniezione effettuata direttamente nel cervello. Inoltre, i risultati della ricerca di Bankiewicz e colleghi hanno rivelato che la terapia potrebbe essere efficace anche se i sintomi della malattia hanno già iniziato a mostrarsi. L’obiettivo principale, perciò, è di procedere il prima possibile con gli studi clinici sull’uomo.