Malattie genetiche rare: in Italia una rete di esperti per fare luce sulla loro origine

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Due laboratori di analisi, a Varese e Roma, e l’associazione La Gemma Rara: grazie a questo network di successo, tre bambini hanno finalmente una diagnosi

Statisticamente, quasi due terzi delle malattie rare colpiscono i bambini e circa l’85-90% di esse ha un’origine genetica; come se ciò non fosse sufficiente, circa il 30% dei malati rari non ha una diagnosi e rischia di convivere con una malattia che resterà senza nome. In molti casi, infatti, manca la chiave interpretativa necessaria per comprendere l’origine dei sintomi gravi o fortemente debilitanti da cui sono affetti i pazienti. E senza questo importante passaggio è difficile (se non impossibile) pensare a una terapia adeguata. Tutto ciò basta a far capire quanto sia importante la collaborazione instauratasi tra i genetisti di Varese e quelli dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, che insieme hanno creato un network di professionisti grazie a cui, in questi giorni, è stato possibile identificare le rare mutazioni del DNA di tre bambini, orientando la loro diagnosi e aiutando le rispettive famiglie a comprendere da cosa dipendesse la malattia dei propri figli.

L’asse tra il dott. Rosario Casalone, direttore della S.S.D. Laboratorio Analisi – SMEL specializzato in Citogenetica e Genetica medica dell’Ospedale di Circolo di Varese, e il dott. Antonio Novelli, direttore della U.O.C. Laboratorio di Genetica Medica del Bambino Gesù, irrobustito dal prezioso supporto dell’associazione La Gemma Rara, si è tradotto in un modello di gestione multi-specialistica dei pazienti, che sono stati così sottoposti ad esami di ultima generazione per lo studio del DNA.

FSD1L e ASXL3: DUE GENI ‘INSOSPETTABILI’

“Questa collaborazione con gli esperti del Bambino Gesù è nata circa un anno e mezzo fa dallo stimolo ad approfondire le cause molecolari delle condizioni genetiche di pazienti che sono ancora senza diagnosi nonostante le molteplici analisi eseguite”, spiega il dott. Casalone, che è anche vice-presidente de La Gemma Rara. “Il terzo attore indispensabile in questo modello di collaborazione è stata proprio La Gemma Rara, una Onlus, nata a Varese nel 2007, che si colloca al fianco di persone con malattie genetiche della provincia non solo con l’istituzione di borse di studio per la ricerca, ma anche aiutando le famiglie nelle loro necessità ed esigenze quotidiane conseguenti ad una diagnosi così complicata”. Questa speciale ‘triangolazione’ ha permesso di centrare un significativo bersaglio: la causa genetica di due diverse malattie rare.

“Nel primo caso, siamo stati in grado di individuare le mutazioni a danno del gene FSD1L in due fratelli”, racconta il dott. Novelli. “In uno dei due pazienti, infatti, abbiamo osservato che il questo gene presentava due varianti in eterozigosi composta, cioè una di origine paterna e una di origine materna, condizione genetica che permette anche di approfondire gli aspetti di stima della probabilità di ricorrenza in una eventuale successiva gravidanza. È un’informazione di non poco conto per i genitori che desiderano ulteriori figli”. FSD1L è un gene che prima d’ora non era mai stato associato a una qualche patologia, e necessita quindi di maggiori approfondimenti: si sa, infatti, che è correlato alla produzione di una particolare proteina, una fibronectina, di cui non è chiaro il ruolo esatto. “Per ora – continua Novelli – le analisi genetiche eseguite anche sui componenti di altri nuclei familiari sono state utili a fare chiarezza sul meccanismo di trasmissione della mutazione, che è autosomico recessivo, e ci hanno permesso di confermare le associazioni con un fenotipo di malattia che comprende disabilità intellettive e gravi malformazioni”.

“Nel secondo caso – chiarisce lo specialista del Bambino Gesù – abbiamo identificato in una bambina una variante nel gene ASXL3, che è associato alla sindrome di Bainbridge-Ropers. ASXL3 è un gene che partecipa al rimodellamento della cromatina, ma ciò che ha più importanza è che la mutazione riscontrata è insorta de novo (non è stata ereditata dai genitori) e ha un impatto notevole sulla proteina codificata dal gene”. La mutazione scoperta, quindi, altera in modo significativo la proteina che il gene ASXL3 normalmente contribuisce a produrre, provocando seri danni all’organismo.

UN ALGORITMO VINCENTE

Quelle che ad un occhio superficiale possono sembrare mere informazioni accademiche sono, in realtà, gemme preziose per le famiglie di questi piccoli pazienti, che proprio da esse possono iniziare il loro cammino verso una diagnosi e, soprattutto, verso una qualche forma di trattamento. Tali informazioni sono state ricavate da un percorso mirato: un algoritmo composto da specialisti di varie discipline, che si sono interfacciati a diversi livelli. “Disponiamo di un ambulatorio al quale, ogni anno, afferiscono circa 1200-1300 persone con problematiche genetiche”, precisa Casalone. “Il primo passo è stata una visita clinica approfondita che ci ha permesso di escludere altre patologie note e dalla quale abbiamo tratto indicazioni importanti sul fronte clinico. Abbiamo eseguito i primi esami specifici per escludere anomalie citogenomiche quali microduplicazioni o microdelezioni e, di fronte all’impossibilità di ottenere delle risposte, abbiamo avviato un iter di approfondimento con i colleghi di Roma”.

A questo punto, dai pazienti sono stati prelevati dei campioni di sangue che sono stati inviati a Roma, presso il laboratorio del dott. Novelli, dove è stata effettuata l’analisi dell’esoma. “Da un punto di vista tecnico, oggi sappiamo che il nostro genoma è costituito da oltre 20mila geni, di cui circa 6-7mila associati a fenotipi noti”, precisa Novelli. “Degli altri geni, come dei due protagonisti di questa indagine, non si sa quasi nulla. Grazie a sofisticate piattaforme tecnologiche di NGS (Next Generation Sequencing) per il sequenziamento dell’esoma, cioè della parte codificante del genoma umano, siamo stati in grado di identificare i geni mutati e di verificare se le aberrazioni da essi prodotte fossero allineate con le indicazioni cliniche ricevute dai colleghi lombardi. Senza il moderno e innovativo approccio del sequenziamento dell’esoma non potremmo eseguire gli specifici studi funzionali e capire nel dettaglio i meccanismi molecolari di certe malattie”.

A questo livello, è stato fondamentale il contribuito dell’associazione La Gemma Rara, che ha finanziato lo studio molecolare dell’esoma eseguito dal dott. Novelli e dalla sua equipe, un esame utile ma costoso, che ancora non è inserito nella routine diagnostica del Servizio Sanitario Nazionale. “Infine, è stata eseguita una consulenza post-esame”, aggiunge Casalone, “durante la quale abbiamo rivisto le famiglie e discusso con loro il significato delle indagini e dei risultati ottenuti. È stato un momento importante, visto che una delle famiglie era seguita da più di 20 anni dalla nostra struttura e, nonostante molti sforzi, non si era mai giunti ad un esito che fosse causativo della patologia. È stata una grossa soddisfazione per entrambi. Vogliamo ripetere l’esperienza e offrire questa rete a tanti altri pazienti che vediamo quotidianamente e che ne hanno necessità”.

‘FARE RETE’ PER NON LASCIARE SOLI I PAZIENTI

“Questo progetto è nato proprio dal bisogno di condividere non solo dati, ma anche esperienza”, spiega Novelli. “Va sottolineato il ruolo dell’equipe clinica multidisciplinare che ha arruolato in prima battuta i pazienti, e non dobbiamo trascurare l’enorme bagaglio di competenze bioinformatiche, oltre che il livello di qualità e sicurezza, necessari ad un laboratorio che voglia offrire un servizio come quello del sequenziamento dell’esoma”.

“E’ infine fondamentale – conclude l’esperto del Bambino Gesù – che le famiglie non vivano la sensazione dell’isolamento e dell’abbandono, e che possano contare sul supporto delle associazioni e sulla vicinanza di strutture scientifiche operanti al loro fianco”. Sono queste le caratteristiche principali del network realizzato dai genetisti di Varese e Roma, che ha dato prova di essere un efficace modello di organizzazione diagnostico-assistenziale e che si spera possa essere replicato in tante altre realtà del territorio nazionale.