Malattie rare: per combatterle, la parola d’ordine è “collaborazione”

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Le iniziative di successo sono quelle che superano i confini nazionali e riuniscono tutte le parti interessate: pazienti, medici, aziende e istituzioni

Ottawa (CANADA) – Le malattie rare sono tali solo singolarmente: in totale colpiscono oltre 350 milioni di persone in tutto il mondo, di cui circa la metà sono bambini. Esistono 6.000–8.000 malattie rare, che differiscono enormemente per sintomi e gravità, l’80% circa delle quali è di origine genetica. Queste patologie spesso vengono diagnosticate erroneamente per anni, o non vengono proprio riconosciute; la conoscenza di molte condizioni è alquanto scarsa e le terapie efficaci sono ancora più rare: meno del 6% di queste malattie ha un’opzione di trattamento approvata. Le popolazioni di pazienti sono in genere esigue, eterogenee e geograficamente disperse, e la storia naturale e la comprensione biologica dei loro disturbi sono ancora limitate. Le sfide per la ricerca, insomma, sono una miriade.

Fortunatamente – come fa notare uno studio appena pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine – questa terribile situazione sta iniziando a cambiare, a causa di almeno tre fattori fondamentali. In primo luogo, anziché essere studiati come disturbi isolati, le malattie rare sono sempre più caratterizzate da elementi comuni e si stanno sviluppando piattaforme diagnostiche e terapeutiche che potrebbero essere utilizzate in molte o in tutte le malattie rare. Non solo: gli insegnamenti tratti dalla ricerca sulle malattie rare sono applicabili a molte malattie comuni e sono utili per attuare iniziative di medicina personalizzata. In secondo luogo, i pazienti stanno diventando sempre più coinvolti come partner di ricerca e finanziatori, e diventano portavoce di urgenza, rilevanza e attenzione negli sforzi di ricerca per sviluppare diagnosi e trattamenti migliori. Infine, la cooperazione e il coordinamento tra enti, scienziati, aziende e gruppi di pazienti in tutto il mondo, stanno iniziando a superare alcune delle sfide relative alla difficoltà di trovare finanziamenti.

Questo sta accadendo anche nel settore pubblico. Ad esempio, l’iniziativa E‐Rare 3, finanziata dalla Commissione Europea e da 26 partner in 18 Paesi europei, oltre a Canada, Israele e Giappone, promuove le collaborazioni transnazionali per far progredire la ricerca sulle malattie rare “from bench to bedside” (dal bancone del laboratorio al letto del paziente), per consentire il trasferimento delle conoscenze oltre i confini e per creare infrastrutture fondamentali, tra cui biobanche e registri. Anche le organizzazioni di pazienti, come la National Organization for Rare Disorders (NORD) negli Stati Uniti e la Fondazione Telethon in Italia, raccolgono fondi e forniscono sovvenzioni per programmi di ricerca. Alcune di queste si sono reinventate come imprese senza scopo di lucro: ad esempio, AFM-Téléthon ha creato YposKesi, un’azienda che produce farmaci per la terapia genica e cellulare per le malattie rare. Infine, la community RE(ACT), il Rare Genomics Institute e Find‐A‐Cure sono tra quelli che utilizzano il crowdfunding per sostenere la ricerca.

Per promuovere ulteriormente la condivisione di informazioni e progetti, sono state sviluppate iniziative e infrastrutture che riuniscono diversi Paesi, istituzioni e stakeholder: un esempio è Orphanet, istituito nel 1997 in Francia. Ora il consorzio copre oltre 40 Paesi, raccoglie informazioni e mantiene un database centrale di conoscenza delle malattie rare e delle loro classificazioni, un inventario di farmaci orfani e una directory di centri esperti, associazioni di pazienti, progetti di ricerca, sperimentazioni cliniche, registri, biobanche e laboratori diagnostici.

Un altro esempio è l’International Rare Diseases Research Consortium (IRDiRC), istituito nel 2011 sulla base di un impegno congiunto per la ricerca sulle malattie rare da parte della Commissione Europea e dei National Institutes of Health degli Stati Uniti. IRDiRC opera sulla base di principi di trasparenza e coordina le risorse promuovendo le migliori pratiche e le politiche più efficaci per accelerare la diagnosi e lo sviluppo terapeutico. Questa passione comune ha riunito quasi 60 enti, nazionali e internazionali, governativi e non profit, aziende, associazioni e centinaia di ricercatori ed esperti che collaborano da tutto il mondo.

Nel campo della diagnosi, invece, una delle prime iniziative è stata quella dell’International Consortium of Human Phenotype Terminologies (ICHPT), un’azione collaborativa guidata da rappresentanti di IRDiRC, Orphanet, Online Mendelian Inheritance in Man (OMIM) e Human Phenotype Ontology (HPO). L’ICHPT ha creato un elenco di termini fenotipici che rappresentano le maggiori anomalie riscontrate nei pazienti con malattie rare.

“Per i ricercatori, i pazienti, le aziende e i responsabili politici che lavorano da soli, le sfide della ricerca sulle malattie rare possono essere scoraggianti”, scrivono gli autori dello studio. “Al ritmo attuale della diagnosi e dello sviluppo di trattamenti, passeranno centinaia di anni prima che siano disponibili diagnosi rapide e accurate e terapie sicure ed efficaci per tutti i pazienti, perciò una visione comune e azioni collaborative hanno un potenziale enorme. L’allineamento delle tecnologie e delle politiche sta contribuendo a superare le barriere geografiche e di governance dei dati; le comunità scientifiche internazionali e gli esperti stanno identificando i maggiori ostacoli per una ricerca efficiente ed efficace e stanno proponendo soluzioni innovative per superarli. I finanziatori, inoltre, mirano a colmare le lacune della ricerca di base e traslazionale”, proseguono gli autori.

“Infine, i pazienti e le loro famiglie sono sempre più coinvolti come collaboratori attivi della ricerca, perché è attraverso i loro campioni biologici e le loro cartelle cliniche che i ricercatori e le aziende produttrici di farmaci ottengono le chiavi per sbloccare ulteriori progressi”, concludono gli studiosi. “Una comunità globale, dinamica e in crescita, si impegna a riunire tutti questi aspetti: perciò accogliamo con favore suggerimenti e idee per espandere i nostri sforzi collaborativi e lavorare in modo trasparente al fine di migliorare la comprensione delle malattie rare e sviluppare test diagnostici e terapie per i pazienti in tutto il mondo”.