Mara Carfagna sta facendo il doppio gioco. E Berlusconi tace?

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Quattro senatori vicini alla nuova associazione messa in piedi da Mara Carfagna, hanno ritirato ieri le loro firme dalla proposta di sottoporre la riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari a referendum popolare confermativo. Stamattina le firme non erano dunque sufficienti per indire il referendum. Ma in tarda mattinata tre senatori della Lega hanno firmato e, a seguito di un controllo formale della Corte di Cassazione che si terrà nelle prossime settimane, il referendum di cui all’art. 138 della Costituzione si terrà entro il mese di giugno. Fin qui è cronaca.

Ma la cronaca nasconde un fatto politico sorprendente. Mara Carfagna, consigliata da chissà chi, ha forse tentato di far saltare non solo il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, ma soprattutto il referendum abrogativo proposto dalla Lega che prevede l’abrogazione della parte proporzionale del Rosatellum. Il quesito del referendum abrogativo è stato scritto da Roberto Calderoli e mira ad introdurre, attraverso l’abrogazione dei collegi plurinominali, un sistema elettorale maggioritario coi collegi uninominali, all’inglese.

Il quesito referendario leghista presenta un solo problema, quello delle deleghe che il Parlamento attribuisce al governo per ridisegnare i collegi nel caso il referendum avesse esito abrogativo. Delle tre deleghe esistenti oggi in altrettante leggi, solo una è al momento utilizzabile, cioè quella prevista dalla cosiddetta leggina del 2019, e più precisamente dalla Legge 27 maggio 2019 n. 51 recante disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari.

Facciamo un passo alla volta. La Corte costituzionale, in materia di leggi elettorali ha stabilito la regola che – in caso di referendum abrogativo – la legge che resta dopo l’abrogazione deve essere immediatamente applicabile, senza la necessità di un nuovo intervento normativo da parte delle Camere. Calderoli ha formulato il quesito referendario affinché il Parlamento, dopo l’eventuale abrogazione scaturente dal voto popolare, non metta mano alla legge per il semplice fatto che il governo – utilizzando la delega esistente così come prevista dalla Legge 27 maggio 2019 n. 51 – provveda a ridisegnare i collegi uninominali. Il punto è giuridico. Senza il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, la delega Parlamento-Governo prevista dalla Legge n. 51/2019 sarebbe immediatamente applicabile e la Corte non potrebbe fare altro che dichiarare inammissibile il quesito referendario abrogativo di Calderoli, che ne chiede invece l’utilizzo ex post, cioè dopo il referendum abrogativo. Quindi la Consulta, che entro il 20 gennaio deciderà se ammettere o meno il quesito referendario di Calderoli, alla presenza di un parallelo referendum confermativo si troverà nelle condizioni giuridiche di ammettere il referendum abrogativo. Diversamente, se saltasse il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, salterebbe anche il referendum abrogativo.

Andiamo per gradi. Perché possa tenersi referendum confermativo è necessario che 1/5 dei componenti di una camera o 5 Consigli regionali oppure 500 mila elettori chiedano di sottoporre la riforma costituzionale a referendum. Nei giorni scorsi era stato raggiunto il numero di firme necessario in Senato. Ma poi ieri i “carfagnani” hanno tolto le loro firme. Ciò vuol dire che, se stamattina non avessero firmato tre senatori della Lega, non solo saltava il referendum confermativo, ma anche quello abrogativo per i motivi che si sono detti finora.

A questo punto sorge il dubbio, più che legittimo, che Mara Carfagna – ancora oggi parlamentare di Forza Italia – giochi sporco contro il centrodestra per favorire i giallorossi. E la tempistica non fa altro che confermare il dubbio. Il termine per presentare presso la Corte di Cassazione le firme di 1/5 dei senatori scade domenica 12 gennaio, quindi lunedì 13. I senatori vicini alla Carfagna hanno tolto le loro firme giovedì 9 gennaio, a ridosso della scadenza. Per fortuna che stamattina, 10 gennaio, si trovavano a Roma tre senatori della Lega che hanno risolto il problema firmando la proposta referendaria. La Carfagna ha tentato il colpo gobbo, smascherando clamorosamente le sue intenzioni di voler fregare Salvini. All’ex soubrette sarebbe stato sufficiente far ritirare quelle firme nella giornata di domani e la frittata era fatta. Forse non ci sarebbe stato il tempo sufficiente per supplire a quel ritiro, come invece avvenuto in extremis stamattina. Insomma, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Tuttavia il dato politico resta: abbiamo il nemico in casa? Se sì, perché Berlusconi non interviene a tutela dell’unità del centrodestra, di cui lui stesso parla tanto?                                                                                                     di Paolo Becchi e Giuseppe Palma