Marattin: “Vi spiego quali risorse usare per avviare la ripresa”

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Quali i contenuti salienti del recente decreto Rilancio? Quali opportunità, secondo lei, potrebbero aprirsi per Il nostro territorio in particolare?
«Si tratta del provvedimento economico più corposo della storia repubblicana – risponde Luigi Marattin, ferrarese, vice capogruppo alla Camera di Italia Viva -: 155 miliardi di risorse impegnate (di cui 55 a valere su deficit) e 266 articoli. Per questo la fase di gestazione è stata piuttosto faticosa. Noi di Italia Viva abbiamo lottato, con successo, per cancellare – e non solo rimandare – la rata di giugno dell’Irap e l’IMU per gli alberghi, per dare alle imprese più piccole ristori a fondo perduto legati agli incassi persi, per l’ecobonus e il sisma bonus al 110% e per il sostegno al settore turistico, che è quello che soffrirà più a lungo le conseguenze di quanto sta accadendo».

Mi dica di Ferrara…
«Sul Decreto Liquidità – che è ora in conversione alla Camera ci stiamo battendo per semplificare radicalmente il meccanismo di concessione del credito, ora troppo farraginoso. Tutte queste cose, a cominciare dal turismo, sono rilevanti per il territorio ferrarese. Che, proprio per la sua storica debolezza rispetto ad altre aree della regione, rischia di subire conseguenze di lungo periodo più pesanti. E che vanno evitate assolutamente».

Il ministro Bellanova ha rassicurato il mondo agricolo italiano, e ferrarese in particolare, sull’arrivo di manodopera e sull’apertura del corridoi verdi: tuttavia non sono mancate critiche per la regolarizzazione dei lavoratori stranieri…
«Questa vicenda è il tipico esempio della malattia che sembra aver colpito da un po’ di tempo la politica italiana: affrontare ì problemi dal punto di vista dello slogan e della pancia, e non del contenuto e del cervello. Un politico serio può certamente contestare la regolarizzazione dei lavoratori agricoli. Ma poi, stante l’indisponibilità degli italiani (da tempo) a lavorare nei campi, mi deve spiegare chi va a raccogliere i prodotti nei campi, e come impedire il fallimento delle imprese agricole».

Scorretto, quindi, parlare di una sanatoria?
«Non è stata fatta una sanatoria indiscriminata, ma una regolarizzazione legata all’effettivo svolgimento di un lavoro. Anche le forze politiche più ostili all’immigrazione hanno sempre detto “si agli immigrati solo se lavorano”. Non comprendo quindi cosa non gli vada bene stavolta. Soprattutto considerando che si tratta degli stessi partiti che qualche anno fa hanno fatto la più grande sanatoria di immigrati della storia».

Lei è uno dei sostenitori dell’adesione al Mes: perché conviene, soprattutto all’Italia, il prestito per l’emergenza sanitaria?
«Perché ci consentirebbe di ottenere subito circa 36 miliardi a tasso praticamente zero, con cui fare un enorme ammodernamento del nostro sistema sanitario. Come Italia Viva presentere mo a giorni una proposta concreta per dire agli italiani cosa potremmo fare con quelle risorse: reti di assistenza territoriale, innovazione digitale, sviluppo delle filiere di fornitura sanitaria, ricerca scientifica. Certo, potremmo ottenere quelle risorse emettendo titoli di stato come al solito. Ma ci costerebbe 7 miliardi in più in dieci anni per i maggiori interessi. Mi chiedo che senso abbia sprecare questi soldi, considerando che – rispetto agli schemi del vecchio Mes – sono state completamente eliminate le condizionalità inerenti aggiustamenti strutturali di finanza pubblica. Che sarebbero state del tutto inopportune nella situazione in cui ci troviamo».

Qualcuno ha obiettato che alcuni dei provvedimenti favorevoli alle imprese lo sono soltanto per realtà aziendali di dimensioni molto ridotte e non toccano che marginalmente l’industria: che risponde a tal proposito?
«Una delle cose che ho imparato facendo politica è che in questo paese l’unico modo per metterti al riparo dalle critiche – forse persino per salire nei sondaggi – è non far niente. Quando favorisci le aziende medio-grandi, ti dicono che dovevi favorire quelle piccole. Se favorisci le piccole, ti dicono che dovevi favorire quelle grandi. E se cerchi dì fare entrambe le cose, ti dicono che comunque i soldi sono troppo pochi. Non è un segreto che noi di Italia Viva avremmo preferito spendere più risorse per la ripartenza, piuttosto che per l’assistenza. E il modo più sicuro per farlo, a nostro avviso, è ridurre la pressione fiscale su chi lavora e produce».

Andiamo più sul concreto…
«Uno dei punti che stiamo ponendo al Presidente Conte è riprendere l’idea – che eravamo riusciti a imporre nel dibattito pubblico prima dell’emergenza Covid – di lavorare ad una complessiva riforma fiscale che semplifichi e riduca il carico fiscale su chi la mattina va a lavorare e su chi – nonostante tutto – tira su la saracinesca tutte le mattine».

I critici osservano che, più che del rilancio, il decreto si occupa di tamponare le gravi falle apertesi nel corpo sociale ed economico nazionale a seguito della pandemia: qual è la visione dell’Italia di domani contenuta nel decreto?
«Intendiamoci. Dopo un probabile -15% di Pil nel primo semestre e dopo un -29% di produzione industriale in marzo (un calo più che doppio rispetto alla media euro), non si poteva evitare di, come dice lei, tamponare le falle. Come dice Draghi, a fronte del congelamento del sistema produttivo il ruolo delle risorse pubbliche avrebbe innanzitutto dovuto essere la semplice sostituzione delle risorse private venute a mancare. Non potevamo certo evitare, ad esempio, di spendere decine di miliardi per garantire la cassa integrazione a tutti, per evitare che milioni di lavoratori rimanessero senza rete. Spesso si accusa i politici di non avere “visione dell’Italia di domani”. Ma la verità è che i politici in Italia sono sempre stati troppo ossessionati dall’oggi per preoccuparsi davvero del domani. E da quando ci sono i social, questo difetto è cresciuto esponenzialmente. Ecco, se vogliamo veramente ripartire- e cogliere l’occasione per essere migliori di prima possiamo iniziare da qui».