Massimo Cacciari: il virus mette a rischio la democrazia

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Caro Massimo Cacciari, vivido intellettuale, coscienza (molto) critica di una sinistra forse inesistente in natura, viviamo in tempi di Coronavirus tutt’ altro che interessanti, per parafrasare Mao

«Mi dica, venga al sodo, ché ne ho palle piene della retorica di questi giorni…».

Il sodo è che viviamo, oggi, in un’ Italia giuridicamente dinoccolata in cui tutti -Regioni, Comuni e governo centrale- nel gestire l’emergenza fanno un po’ come cavolo gli pare. Condivide il pensiero che attribuisce il caos al famigerato titolo V° delle Costituzione che rivoluzionò le autonomie?

«Era perfettamente prevedibile, dato il disordine, al di là del virus, che ci ha portato la cattiva politica di questi anni. Paghiamo le cattive riforme delle Costituzione. Ogni Regione fa ordinanze diverse, non ci può essere coordinamento se non basato, ogni volta, su decreti del governo centrale. Mi pare che qui ogni amministratore miri a misure straordinarie sempre più stringenti, a militarizzare il suo territorio per risolvere il contagio soltanto in casa sua. Non c’è altro».

E il governo Conte che procede per annunci alla Churchill e per decreti, come si sta comportando?

«Cosa vuole che faccia, Conte? Segue quello che gli dicono i tecnici, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per contenere la massa d’urto che provoca una tremenda emergenza ospedaliera. Certo, dopo, con calma, bisognerebbe anche dire che la Francia e la Germania hanno 3-4 volte i nostri posti di rianimazione. E bisognerebbe capire perché, negli ultimi 30 anni, la nostra sanità pubblica ha avuto tagli così profondi».

Comunque, ad ogni nuovo decreto, nuovi divieti. L’esercito in strada, il blocco delle aree di servizio, la stretta sulle corsette e sulle passeggiate. Servono, secondo lei?

«Bah. Mi sembra ben strano vietare la passeggiata dove magari tieni gli altri a 30-40 metri distanza; e poi -come mi è successo poco fa- ti trovi costretto a fare una coda di 100 metri per fare la spesa perché i supermercati chiudono prima. Alla faccia della distanza di sicurezza. Qual è la logica, scusi?».

Se c’è è ben nascosta…

«Appunto. E questa cosa che tieni chiuse le librerie mentre sono aperte edicole e tabaccai? Prima ti dicono “è l’occasione per leggere un buon libro” e poi quell’ occasione te la tolgono. Roba da matti».

Comunque, il governo ha varato una manovrona da 25 miliardi.

«E sta bene. Ma, pensandola sul lungo periodo, con l’0,8% del Pil in meno cosa risolve? A malapena si riuscirà a raddrizzare il settore del turismo. Ci vorranno 2000-2500 miliardi, porteremo il debito al 140%. Ma poi il debito lo dovremo gestire. Fortuna -si fa per dire- che anche gli altri sono nella stessa condizione. Mal comune mezzo disastro».

Eh, Ursula Von Der Leyen presidente della Commissione Ue dice che siamo un grande esempio, e la Ue fa saltare il patto di stabilità. Non le pare che questa crisi simmetrica – il contagio è uguale per tutti – forse cambia, in meglio, il nostro rapporto con l’Europa?

«Il Coronavirus è democratico: è per questo che la Bce ci viene incontro, sennò noi saremmo al caffè. La soluzione vera, però, rimane quella di Mario Draghi, che fu bocciata soprattutto dalla Germania. Gli Eurobond. Ma non credo che si farà, in Europa ognuno pensa al suo».

Però, insomma, in teoria, gli investimenti pubblici per l’emergenza sarebbero saltati fuori. E ora, magari, si tratterebbe di scorporarli dal computo del deficit…

«Ma questo vale per tutti i membri Ue. E la Ue, non s’illuda, chiederà ai singoli Stati di fare ognuno i propri conti. Cioè ci imporrà una manovra/manovra pazzesca, altro che la manovrina da 8-10 miliardi a cui siamo abituati. E, allora, finita l’ epidemia, chi farà quella manovra? Di quanto sarà? Prevedo che torneremo in perenne campagna elettorale».

Però, ad essere ottimisti, s’ avverte una comunione d’ intenti. Non le pare che gli italiani, governo incluso, stiano facendo la loro parte, in fondo?

«Ma sì, ma sì. In queste circostanze drammatiche, però, bisognerebbe ammettere che si è capita la lezione. Se si capisse che è stato un errore tagliare anche sull’ambiente, sulla scuola, sull’università che non riesce più a sfornare medici grazie a politiche dissennate; in quel caso potremmo ripartire…».

Professor Cacciari, la sento stranamente ottimista

«…Ma non sarà così. In Italia non si fa mai nulla di quello che si dovrebbe».

Ah, ecco, volevo ben dire… Tornando ai divieti. C’è anche un altro dibattito in merito: molti costituzionalisti come Zagrebelsky s’interrogano sulla violazione della privacy. Che ne pensa?

«È inevitabile, in tempo di guerra, una contrazione delle libertà personale. Nelle emergenze è un dato quasi banale. Semmai ciò su cui dovrebbe riflettere Zagrebelsky è altro. È che questa situazione potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso. Nel senso comune la politica è sempre più, genericamente, quella dei parassiti e dei vizi. Ora ci accorgiamo che chi decide è l’Oms, poi verrà l’Europa, e la Bce; e, in fondo, a cosa servono i parlamentari?».

Cioè, lei teme una deriva autoritaria?

«No, scusi, la deriva autoritaria con Conte non riesco proprio ad immaginarmela. Però noto che dal dopoguerra ad oggi, alla crisi della politica s’è progressivamente accompagnata la crisi della forma della nostra democrazia rappresentativa. O cominciamo a metterci mano sul serio, o salta tutto. Per esempio: le pare normale tutta questa esaltazione della Cina?».

Che c’ entra la Cina?

«C’entra. Giorni fa vedevo la corrispondente della Rai da Pechino che esaltava il “modello cinese” che spesso tende all’ illegalità: i cinesi ci hanno infettati, stanno mangiando le nostre economie, e noi dovremmo pure ringraziarli?».

Si riferisce alla vulgata secondo cui i cinesi ci stanno aiutando nell’emergenza sanitaria in vista di un aiutino nella della gara d’appalto della tecnologia 5G che fu bloccata mesi fa?

«È un discorso più ampio, ma chiaro. Da questa crisi tutti i governi occidentali usciranno massacrati, si metteranno a battere moneta. L’unica nazione con una liquidità immensa, triliardi e triliardi, da immettere sul mercato è la Cina, che ha bisogno che l’Occidente ovviamente non crolli. Così compreranno i nostri debiti. Le consiglio un libro di un mio allievo, Alessandro Aresu, “Le potenze del capitalismo politico”, in questo senso illuminante. Ovviamente un testo che non ha ancora trovato distribuzione».

Altro capitolo sono la scuola e le università: chiuse ma operanti in remoto grazie alle tecnologie. È un modello inedito che può funzionare?

«Scuola e università sono quelle che hanno reagito meglio. Gli studenti hanno capito, sono tecnologici: attraverso Skype, WhattApps fanno lezione, questo è il settore che ha retto di più, tutto sommato. Il dramma vero sono gli ospedali».

Sì, lì è la vera ecatombe. Lei che vive anche la realtà del San Raffaele (dove insegna, ndr), ritiene che la sanità privata stia lavorando bene con quella pubblica?

«Assolutamente sì. E devo dire che al nord si è innescata una sorta di gara virtuosa, anche tra la sanità privata, per dare una mano nell’ emergenza. Il San Raffaele che è quasi del tutto dedicato alla lotta al virus. In Lombardia i medici sono ottimi, la loro sfida nel poter fare tutto il possibile l’ hanno già vinta. Certo, poi, c’ è tutta la tragedia di contorno…                                                                                            fonte  (Francesco Specchia – Libero quotidiano)