Massimo Fini: “USA, l’addio di Mike Pompeo è una buona notizia (per tutti)”

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L’intronazione di Joe Biden ha due aspetti positivi importanti in relazione fra loro che non riguardano la circostanza, che ha fatto ululare di gioia le femministe, che il vicepresidente sia una donna, Kamala Harris, perché in tema di relazioni internazionali, le leader politiche americane non sono meno guerrafondaie degli uomini, basterà ricordare che Madeleine Albright e Condoleezza Rice furono le più assatanate sostenitrici dell’aggressione all’Afghanistan, per motivi politici e ideologici la Albright, per motivi anche sordidamente personali Condoleezza che aveva un ruolo importante nella Unocal, la multinazionale che intendeva costruire il famoso gasdotto che dal Turkmenistan arriva al Pakistan, cioè al mare, attraversando l’intero Afghanistan (adesso quel progetto se lo possono ficcare tranquillamente nel culo).

Il primo aspetto positivo è l’eliminazione del segretario di Stato Mike Pompeo, sostituito da un democratico. Avete presente Mike Pompeo? È fatto a Mike Pompeo. Il tipico cane da guardia pronto a mordere quando glielo dice il padrone e anche quando non glielo dice. Solo otto giorni prima che scadesse il mandato di “the Donald”, Mike Pompeo ha cercato di far danni accusando l’Iran di essere “la nuova base di Al Qaeda”. Accusa del tutto inverosimile perché Al Qaeda non esiste più o quanto meno ha un ruolo del tutto marginale nella galassia del terrorismo islamico, guidata com’è da una vecchia ciabatta, il medico egiziano Al-Zawahiri, che fu importante ai tempi di Bin Laden ma che ora non ha più alcuna presa sul mondo terrorista. Il nemico dell’Occidente oggi è l’Isis, che è formato da gruppi ben strutturati ma è soprattutto un’epidemia ideologica che si è espansa in varie parti del mondo, in Somalia, in Kenia, nel Mali, in Nigeria, in Sudan, in Pakistan, in Afghanistan, mentre per il momento è “in sonno” in Europa in attesa di tornare a colpire non con qualche isolato un po’ pazzoide ma in modo organizzato.

Giustamente i consiglieri di Biden, e probabilmente lo stesso Biden, hanno visto nella mossa del tutto azzardata e improvvisata del bulldog Pompeo un tentativo di sabotare la ripresa dell’accordo sul nucleare con l’Iran che era stata una delle poche operazioni felici di Barak Obama. Una rinegoziazione dell’accordo sul nucleare con l’Iran, che è fondamentale per gli equilibri del Medio Oriente, non dovrebbe essere difficile. L’Iran ha firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, aveva sempre accettato le ispezioni dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Nell’accordo del 2015 con gli Stati Uniti di Obama gli iraniani rinunciavano definitivamente a costruirsi l’Atomica, cosa peraltro mai tentata perché nelle centrali nucleari di Teheran l’arricchimento dell’uranio, per ammissione della stessa AIEA, non aveva mai superato il 3% (per farsi la Bomba l’arricchimento deve arrivare al 90%), in cambio dell’eliminazione o quanto meno della riduzione delle assurde sanzioni economiche imposte al Paese persiano. Un accordo quindi che sta bene sia agli americani che agli iraniani. Sempre che il Mossad, svolazzando qua e là, non assassini in Iran qualche presunto, molto presunto, qaedista, come ha fatto questa estate, riaccendendo così, a solo beneficio di Israele, la polveriera.