Matteo Renzi, l’ex prima donna gioca sporco

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“la ripartenza della scuola è fallita perchè abbiamo pensato ai banchi a rotelle”. Secondo voi chi l’ha detto? Magari il primo pensiero vi va al leader d’opposizione Matteo Salvini. Invece no. Lo ha affermato oggi, dalle pagine di La Repubblica, Matteo Renzi. Uno che è parte integrante del governo in carica. Il conte II. E Renzi non s’è limitato a picconare solo Lucia Azzolina, ha attaccato frontalmente anche il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, sentenziando che l’ultimo DPCM è tecnicamente sbagliato perché non poggia su dati scientifici e fomenta le tensioni sociali. Tutta roba che, per interposta Bellanova, lui solo qualche giorno fa aveva contribuito a far passare con il suo voto. Se ancora non l’aveste capito quello che in queste ore drammatiche sta giocando la partita più sporca è lui, Matteo Renzi. Nell’Esecutivo giallo rosso ha deciso di starci fin dall’inizio, anzi, diciamo le cose come stanno: se quel 5 settembre del 2019 Conte non avesse incassato il voto suo e quello delle sue truppe cammellate, questo Governo neanche sarebbe nato. Il perchè l’ha fatto è semplice: se si fosse tornati al voto lui avrebbe finito di contare politicamente. Le destre avrebbero avuto la golden share e lui, forse, avrebbe avuto appena i numeri per garantirsi uno strapuntino in Senato nel prossimo governo. Protagonista di una parabola discendente che l’ha fatto precipitare in meno di 3 anni da consensi stellari ai bassifondi di Openpolis, (più o meno la stessa fine che si sta profilando per il Matteo suo omonimo, ormai da tempo in caduta libera), Matteo Renzi è riuscito con un abile mossa a far nascere il Conte II e, nello stesso tempo, a condizionarne la sorte. La sua operazione “Italia Viva” è servita a questo, ad enucleare i suoi numeri in Parlamento. A farli contare, pesare ad ogni passaggio parlamentare. I suoi 17 voti al Senato, dove il governo ha una maggioranza risicata, sono determinanti. A livello di sondaggi non fa paura a nessuno, se la batte con “azione” di quell’altro megalomane di Calenda. La loro, è una gara a chi ce l’ha più piccolo. Ma in Parlamento, fino a che questo governo avrà vita, lui potrà dire la sua sicuro che le sue parole, perfino il suo tono di voce, avranno un peso. E la sua area di influenza non si limita solo al perimetro dei suoi 2 gruppi parlamentari alla Camera e al Senato, ma si estende fino ai gangli del Pd da cui si è separato in casa appena votata la fiducia all’attuale Esecutivo. Il senatore semplice di Scandicci ha badato bene a lasciare anche qualche “palo” dei suoi nel Pd. Ci ha lasciato Luca Lozzi, ad esempio. Uno che però s’è dovuto chiamare fuori quando è stato raggiunto da un rinvio a giudizio perché implicato nella vicenda Consip. Mentre invece Andrea Marcucci, da bravo renziano mascherato, oggi c’è e lo serve nel ruolo di capogruppo del pd alla Camera. Uno che ieri, durante il question time in cui Giuseppe Conte ha dato ragione alla Camere del suo ultimo DPCM, ha chiesto, in soldoni, un rimpasto di governo in piena pandemia. Tanto improvvido da dover costringere Zingaretti a smentirlo. Tanto da far dire ad un anonimo deputato piddino che di gruppi, alla Camera, Renzi ne ha 2 e il Pd neanche 1.

Matteo Renzi non è solo il portatore d’acqua delle lobbismo italiano in Parlamento, è anche un politico spregiudicato, senza scrupoli per chi non l’avesse capito, ed è un abile giocatore di poker. Le sue carte se le sta giocando bene. Ma ha un grosso limite. Come tutte le ex prime donne cadute in disgrazia non vuole lasciare il palcoscenico oltre il quale, lui lo sa, per lui c’è l’oblio politico. Ecco, farebbe bene a ricordarlo e a non tirare troppo la corda. Visto mai che Conte, prima o poi, non gli va a vedere le carte? Del resto già ha dimostrato di avere il coraggio politico di farlo quando, ad agosto del 2018, in Parlamento diede il benservito al suo omonimo Matteo, un altro che, come lui, l’etica politica non sa neanche dove sta di casa.                                                                                                                                                            (Roberta Labonia)