MEGLIO LE ELEZIONI CHE UN GOVERNO TECNICO

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Chiuso il sipario su una crisi politica le cui cause sono ancora invischiate in una ben poco chiara zona grigia, che forse solo nei prossimi mesi sarà meglio definita dalle vere pulsioni che hanno spinto Italia Viva a innescarla, è stato davvero agghiacciante riascoltare dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la carrellata di tutte le gravi motivazioni per le quali sarebbe stato meglio evitare questa crisi nel pieno della pandemia globale ed andare al voto.
Dall’emergenza sanitaria, con la campagna vaccinale da condurre in coordinamento Stato-Regioni, alle sue implicazioni socio-economiche, con il termine del blocco dei licenziamenti che incombe a marzo, fino ai 209 miliardi del Recovery Fund da gestire per far risollevare l’Italia.
Le gravi condizioni del nostro Paese a cui ha fatto riferimento ieri Mattarella, a margine dell’annuncio del fallimento delle consultazioni per un governo politico, ci sono ben note e sono proprio queste che ci hanno spinto all’estremo tentativo di dare una continuità al programma di Governo, per il quale siamo stati eletti, con questa maggioranza. Con senso di responsabilità e consapevolezza del momento.
Lo stesso senso di responsabilità che ha segnato la nostra azione politica sin dall’inizio della Legislatura: quando nel 2018 siamo stati eletti ottenendo più voti di tutti e, in qualità di primo partito di maggioranza relativa, abbiamo, in totale trasparenza, messo nero su bianco una serie di temi e obiettivi da realizzare e fatto un accordo prima con la Lega di Salvini, durante il quale abbiamo ad esempio introdotto il Reddito e la Pensione di Cittadinanza che hanno dato una risposta a oltre 3 milioni di persone a rischio povertà, e poi con il Pd, durante il quale abbiamo portato a termine la legge di Bilancio e impedito così che il nostro Paese andasse in esercizio provvisorio, siamo divenuti un modello nel mondo per come abbiamo gestito la pandemia e abbiamo inoltre introdotto misure come il SuperBonus al 110% a sostegno di famiglie e imprese per far ripartire l’economia, anche in un’ottica di sostenibilità ambientale.
Un senso di responsabilità che, come hanno dimostrato i fatti, le altre forze politiche e i rispettivi leader – prima Salvini e poi Renzi – non hanno avuto, sfilandosi dalla roadmap alla base dell’accordo, con motivazioni personalistiche e pretestuose, nonostante fossero già sotto gli occhi di tutti le gravi condizioni ricordate dal presidente Mattarella.
Ora però la crisi è ormai aperta, e non possiamo permettere che a questa si aggiunga una crisi democratica: non possiamo permettere un governo tecnico, un governo dei pochi. Che sia guidato da Draghi o da altri non importa: è la natura in sé del Governo tecnico che rappresenta una pietra tombale sulla democrazia rappresentativa. E’ la politica che abdica a se stessa.
In assenza della possibilità di un governo politico, che – l’ho sempre detto sin dall’inizio e continuo a pensarlo – sarebbe la soluzione più saggia, i principi democratici della nostra Costituzione, che per noi è un faro dell’azione politica, ci IMPONE, purtroppo, di chiedere di andare al voto.
Come M5S sin dall’inizio le abbiamo davvero provate tutte le soluzioni politiche. Anche a nostre spese, visto che in più di un’occasione, pur di continuare a perseguire il programma politico e scongiurare le elezioni abbiamo dato vita a ben due governi, attirandoci critiche da tutte le parti e pagando così anche in termini di consensi (e non ci hanno spaventato né l’una né l’altra cosa).
Non l’abbiamo voluta noi questa crisi, abbiamo sempre creduto, e io continuo a crederci, in una soluzione politica che richiedeva però anche un’adesione da parte dei nostri interlocutori. Purtroppo così non è stato: una parte della politica ha voltato le spalle a noi e ai cittadini. E allora, se la politica viene meno, bisogna ridare la parola agli elettori.
E’ inoltre utile ricordare che, in questa singolare quanto inopportuna tempistica, c’è in ballo il Recovery Plan, che, come trattativa ed approvazione, terminerà ad aprile, quindi prima delle eventuali elezioni, e che la sua applicazione, sul solco delle indicazioni POLITICHE con cui è stato composto, deve essere gestita dalla politica. Non certo da tecnici.
Poiché ogni scelta è politica, e non neutra, quale parte di società rappresenterebbe un governo tecnico se non le politiche dei suoi solisti o gli interessi di piccoli gruppi a cui fanno riferimento?
Non vorrei che il #RecoveryPlan, che poteva essere l’occasione straordinaria per ripensare e rivoluzionare l’#ItaliaCheVerrà, diventasse invece il veicolo di un nuovo estremo tentativo di Restaurazione. Questo sarebbe un rigurgito di vecchie pulsioni che il nostro Paese non merita e che invece è nostro dovere far in modo che la nostra Nazione se lo getti finalmente, e una volte per tutte, alle spalle. La Storia ci è testimone.