Melania Rizzoli: “A Milano Covid viaggia su treni e bus non a scuola”

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“Stiamo monitorando la situazione dei contagi. A Milano crescono, ma siamo la Regione che fa più tamponi. I rischi maggiori non vengono dalla scuola bensì da trasporti e movida. Tuttavia, i lombardi sono responsabili”. Melania Rizzoli, ex deputato di Forza Italia, da oltre due anni è assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro nella giunta lombarda di Attilio Fontana. Medico chirurgo di professione, sta per pubblicare con Baldini & Castoldi il saggio “La salute prima di tutto”. Perché, in tempi di pandemia anche economica “senza salute non si potrà agganciare la ripresa”.

L’unità di crisi della Regione Lombardia ha lanciato l’allarme: “Milano ha i guai peggiori, senza scelte tempestive ci si troverà in difficoltà nel pieno dell’inverno”. Come è la situazione sul fronte coronavirus?

Stiamo monitorando l’aumento dei contagi. Nell’ultima settimana sono in crescita continua e abbiamo superato i mille casi. L’aumento riguarda soprattutto Milano e zone limitrofe. Ma nessuno fa un numero di tamponi così alto come noi: oscilliamo tra 25mila e 35mila al giorno. Mappiamo il territorio e mettiamo le persone subito in isolamento fiduciario. Ricordiamoci che la Lombardia è la regione più popolosa d’Italia: ci vive un italiano su sei. Abbiamo notato che la caratteristica di questa fase è l’abbassamento dell’età media a 18-40 anni.

Colpa della scuola o della movida?

Una delle poche cose su cui sono d’accordo con la ministra Lucia Azzolina è che i rischi forti non vengono dalle scuole. Il problema sono i trasporti: treni locali, autobus, metro. Chi sta più di quindici minuti a contatto con un positivo rischia di contagiarsi anche se entrambi indossano le mascherine. E oggi i mezzi pubblici nelle ore di punta sono piuttosto pieni. L’altra fonte di pericolo, ovviamente, sono i comportamenti sociali.

Condividete il giro di vite del governo su locali e assembramenti?

Sì, bisogna evitare i raggruppamenti dei giovani che oggi si vedono per bere una birra fuori dai locali o per fare un passaggio ai Navigli. Le regole contro la pandemia sono tre e molto semplici: evitare gli assembramenti, indossare la mascherina – quella chirurgica riduce i contagi del 56% – e curare l’igiene. Mi sembra che siamo diventati tutti più bravi. In Lombardia non vediamo più le polmoniti gravi dei mesi scorsi bensì sintomi più sfumati e molti asintomatici, che restano contagiosi per qualche giorno.

Oggi c’è il tavolo con il comitato tecnico scientifico regionale. Fontana ha detto che le misure prese finora sono sufficienti. Ma si discute se abbassare l’orario in cui non è possibile sostare fuori dai locali rispetto alle 21 nazionali per disincentivare l’aperitivo. Lei sarebbe favorevole?

Ricordiamoci che stiamo attraversando anche una grande crisi economica. Non è che il virus colpisca soltanto dopo le 18. Si tratta di essere responsabili, e la popolazione lombarda lo è stata. Penso poi che si debba prestare molta attenzione alla medicina sul territorio: ci sono pazienti con poche linee di febbre che si rivolgono agli ospedali perché il medico di base non li visita. Naturalmente, sarà il Cts a valutare l’eventualità di misure più restrittive per alcune zone, come magari Milano, che ha più gente e più vita notturna.

In Lombardia i vaccini per l’influenza ci sono?

Abbiamo acquistato dosi per la copertura totale delle categorie a rischio, compresi operatori sanitari, Rsa e forze dell’ordine. Il surplus sarà distribuito alle farmacie. Ma vorrei precisare che il compito di rifornire le farmacie spetta al ministero della Salute e non alle Regioni. Poi, la campagna vaccinale inizierà a metà novembre perché il vaccino immunizza per tre mesi ed è bene che copra l’inverno.

Come è la situazione delle terapie intensive?

Non c’è nessuna criticità al momento. Abbiamo 44 pazienti, non tutti intubati, a fronte delle migliaia di marzo scorso. E i posti letto sono passati da 696 a 1800.

Lei è assessore anche alla Formazione e al Lavoro. Quanto ha inciso la pandemia sull’occupazione della Regione più produttiva d’Italia?