Metteremo radici e paralizzeremo i nostri nemici”

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Metteremo radici e paralizzeremo i nostri nemici”, così il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato il via alla costruzione di 3.000 nuove unità abitativa a Dolev, nei pressi di Gerusalemme, in Cisgiordania. A queste notizie siamo oramai tristemente abituati, ma questa citazione calza perfettamente anche sull’escalation alla quale stiamo assistendo nello scacchiere regionale del Medio Oriente: Libano, Iraq, Siria e Gaza sono infatti stati terreno di attacchi su vari fronti da parte dell’aviazione israeliana. Dopo i raid compiuti ieri sulla capitale siriana Damasco e quella libanese Beirut, nella notte tra domenica e lunedì, secondo media arabi, l’aviazione dello Stato ebraico ha sferrato tre attacchi su postazioni militari sciite e palestinesi nell’est del Libano, in Iraq nei pressi del confine con la Siria e sulla Striscia di Gaza; quest’ultima in risposta al lancio di razzi dall’enclave palestinese.
La autorità israeliane hanno infine annunciato una misura punitiva per ridurre l’ingresso di carburante per la principale centrale elettrica nella Striscia di Gaza, il che significa una forte riduzione della fornitura di energia in una zona già molto precaria dal punto di vista degli approvvigionamenti.

In un momento di così grande tensione ed una situazione estremamente delicata, la via non è certo quella della guerra (l’Italia ne ha già una di fronte alle nostre coste) o di trovare un ennesimo capro espiatorio al fine di legittimare le proprie azioni, legittime e non, ma quella del confronto, della volontà di arrivare (finalmente) ad un percorso condiviso di pace e stabilità. Ora più che mai!

Yana Ehm