Migliore: “Sono in corsa per il Comune, ma la strada obbligata sono le primarie”

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La sua candidatura “a sorpresa” era la più annunciata di tutta la coalizione. Ma, dopo la mossa ufficiale di Italia Viva, per l’aspirante sindaco di Napoli Gennaro Migliore (ex sottosegretario alla Giustizia, oggi parlamentare Iv) si riaccendono i fuochi con gli ex compagni e col segretario dem Marco Sarracino. Che invece continua a puntare saldamente sull’alleanza con i 5S e sulle opzioni Roberto Fico o Gaetano Manfredi.

Migliore, è una scelta che sta tra la tattica e un suo vecchio pallino?
«No. È un onore poter concorrere alla guida della propria città. Sono stato consigliere comunale per 8 anni, con Bassolino e lervolino; sono stato eletto a Napoli in Parlamento. Non ho mai lasciato l’impegno in città e sulla sua area metropolitana: terra che ha bisogno di rigore, umiltà, e cuore».

Ma pensa sul serio di spuntare la candidatura attraverso le primarie?
«Io penso siano una strada obbligata, se non si trovasse un accordo unitario. Ma più chiaro ancora di me mi pare sia stato il segretario del Pd Letta che, poche ore fa, le definisce “strada maestra”: coerentemente peraltro, con quanto lui stesso aveva chiesto per Roma e Bologna».

Ma il Pd di Napoli, con Sarracino e Mancuso, si era espresso per il no.
«E difatti ora tocca a loro spiegare a Letta il perché. Le primarie, invece, blindano il perimetro della coalizione, cioè il centrosinistra, e sanciscono un allargamento a settori della società napoletana, altrimenti esclusi. Con cui flirta la destra, in nome di un imprecisato civismo».

Si riferisce al pm Maresca.
«Già, lo strano caso del candidato ufficiale mai ufficializzato. Il copyright è di de Magistris, uniche sue parole che condivido».

Ricorderà comunque che le primarie del 2011 devastarono il Pd, tra faide incrociate, e aprirono la strada a de Magistris.
«Però si sono fatte anche dopo: nel 2015 quando vinse De Luca; e nel 2016 quando prevalse Valente. Non vorrei che il tabù primarie a Napoli tornasse solo per la paura che le vinca un candidato outsider non calato dall’alto, non deciso nelle stanze delle segreterie di partito…».

Per completezza: lei dalle primarie del 2015 si ritirò. Una ferita mai rimarginata?
«No, nessun paragone. All’epoca si trattava delle regionali: mi chiesero una disponibilità e la detti. Oggi parliamo di un impegno che dura da decenni in città, al frutto di un legame, rivolto al futuro».

E nel futuro quale Napoli vede? Ha un’idea di programma?
«Tre assi su cui lavorare. Una città più giusta: dal punto di vista sociale, delle enormi disuguaglianze, su cui la crisi sta affondando i suoi morsi. Più sicura, perché più integrata in uno sviluppo sostenibile. Più ecologica, grazie alla storica occasione dei fondi per la transizione».

Tanti pensano che voi di lv vogliate solo presidiare il terreno e portare a casa qualche spazio sicuro in lista e in Comune.
«Italia Viva i suoi spazi li conquisterà con il consenso alla propria lista e con i suoi candidati. Le ricordo che i sondaggi delle regionali ci davano all’1% e poi abbiamo raggiunto anche in città il 7%».