Muore la “Terza Repubblica”, ora fiducia in Mattarella

0
62
fiano

Non so se sia mai nata la Terza Repubblica, ma so che potrebbe morire oggi.

Quella Repubblica nata con l’insulto al Presidente Mattarella, per il quale si pretendeva un ruolo di passacarte ratificatore di scelte altrui sui nomi dei Ministri, arrivando a ipotizzarne l’impeachment, oggi ripassa da dove era partita: dal Presidente della Repubblica. Come è giusto che sia per la nostra carta costituzionale e per tutti i sistemi liberali dove nessuno, da solo, ha i “pieni poteri”.

Conte ha tenuto fede al profilo orgoglioso ma tardivo tenuto in queste ore di scontro con Salvini e se Di Maio terrà fede al “non possumus” concordato con Grillo, allora oggi con la salita del premier al Colle, si scriverà la parola fine a questa parentesi italiana.

Difficile dire come mai Salvini abbia scelto il generale Agosto per dichiarare guerra, difficile sapere se le ragioni siano tutte raccontabili, difficile comprendere il merito politico di questa sua ultima battaglia: non ha rotto sull’Autonomia, non sulla Flat Tax o sul Salario Minimo, e nemmeno sull’elezione di Ursula von der Leyen. Ha rotto dopo una battaglia vinta sulla Tav. Fatto sta che il primo governo sovranista-populista della storia repubblicana, si è squagliato al sole del Papeete. Si è squagliato nella plastica rappresentazione dei ministri stellati che non lasciano posti ai loro colleghi leghisti ai banchi del governo. E devo dire con un discorso tardivo ma coerente di Conte, mal preparato e da comiziaccio di Salvini. Oltre al discorso chiaro e forte con cui Renzi ha chiosato il fallimento del governo e la necessità di una nuova fase.

Quali scenari si aprono allora per noi?

La nostra giovane storia di Partito Democratico eredita una più lunga e radicata storia di responsabilità nazionale e nasce dal tessuto connettivo di forze politiche che ebbero il coraggio di scelte difficili nei momenti più bui della vicenda nazionale. Quanto più il momento è stato difficile, più alto è stato il nostro senso di responsabilità nei confronti del paese.

L’identità popolare del nostro partito ci fa dire a chiare lettere che noi non abbiamo paura dell’appuntamento elettorale, a maggior ragione se le forze che avevano promesso di rappresentare il cambiamento e di rappresentare il popolo, si trovano immerse oggi in una crisi che conserva i più antichi crismi della Prima Repubblica, con modalità e per ragioni di fondo che niente c’entrano con i problemi reali degli italiani, tutta svolta con un linguaggio politichese lontano dalla vita reale dei tavoli di crisi, della crescita zero, dell’aumento delle tasse e del rischio Iva, e con continui incomprensibili ripensamenti di Salvini, dettati evidentemente dalla paura di aver sbagliato tutto in queste ore.

Dunque, il Partito Democratico ripartirà dalla fiducia nelle scelte sagge del Presidente Mattarella, che, unico, potrà misurare la reale consistenza della possibilità di altre maggioranze parlamentari nel prosieguo della legislatura. Nel solco della nostra idea di responsabilità nazionale, solo questo potrebbe interessare il Pd: valutare la possibilità di un governo di legislatura, che sia un governo di cambiamento, di discontinuità, non un governicchio pasticciato, ma un programma politico coerente con le nostre idee e proposte, che abbia un disegno concreto di salvataggio dell’Italia, dal rischio dell’aumento dell’Iva e del declino economico, produttivo e sociale.

Noi alle valutazioni del Presidente ci atterremo.

Certo, nel caso ipotetico, non sarebbe facile superare le offese e gli insulti ed il cammino sarebbe pieno di incognite, di rischi, e di diffidenza, ma cosa non lo è quando si scruta il futuro, e d’altro canto non è stato questo alle nostre spalle un anno terribile, pieno di rischi per la tenuta del paese, di incognite costituzionali sulle scelte più contestate in tanti campi ?

Nel caso si apra una strada, il Partito Democratico dovra rimanere unito, e per il bene del paese compiere con coraggio le scelte migliori per il futuro dell’Italia.