‘Ndrangheta, blitz contro cosche: 21 arresti

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Dalle prime ore dell’alba 200 agenti della Polizia di Stato stanno eseguendo 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere tra la Calabria e le province di Milano, Como, Napoli, Pesaro Urbino e Roma, nei confronti di elementi di spicco delle cosche De Stefano – Tegano e Libri di Reggio Calabria. L’operazione, denominata Malefix, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha fatto emergere i conflitti registrati all’interno dei due clan e la rivalità nella spartizione dei proventi delle estorsioni.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsioni, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Gli investigatori stanno eseguendo anche numerose perquisizioni e alcuni sequestri di aziende. L’inchiesta della Dda di Reggio Calabria ha fatto luce sugli attriti tra i due gruppi criminali che praticavano il racket senza tener conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le ‘ndrine di riferimento sul territorio. Antonio Libri, che aveva assunto le redini dell’omonima cosca dopo l’arresto dei capi, aveva scoperto che durante le festività natalizie del 2017 erano state riscosse da Carmine e Giorgio De Stefano alcune migliaia di euro da un noto imprenditore reggino operante nella ristorazione e titolare di più locali, senza che nulla venisse corrisposto ai Libri. Il boss Antonio Libri ha quindi informato Orazio Maria De Stefano e degli esponenti della famiglia De Stefano e indetto un summit per definire le nuove modalità estorsive con la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie.

Per dirimere le questioni legate alla divisione degli utili del racket le cosche De Stefano – Tegano e Libri hanno creato una sorta di commissione tecnica (con membri di più famiglie) con lo scopo di evitare sovrapposizioni e fraintendimenti e provvedere ad un efficiente sistema di rastrellamento lungo tutto l’asse del centro cittadino di Reggio Calabria, organizzando anche l’imposizione intimidatoria delle assunzioni dei lavoratori da parte dei gestori di attività.

Il summit durante il quale è stata decisa la nuova modalità di imposizione del pizzo nella città di Reggio Calabria è stato monitorato dagli investigatori che hanno così ricostruito le dinamiche criminali che regolano il funzionamento del locale di Archi. Dall’incontro è emerso anche il tentativo di scissione della famiglia facente capo a Luigi Molinetti, dalla casa madre dei De Stefano. Un desiderio di autonomia scaturito dal malcontento per la iniqua spartizione dei proventi estorsivi, per il mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici all’interno della organizzazione mafiosa, per la mancata elargizione di prebende che pretendevano in virtù degli anni di fedeltà e dedizione alla cosca, nell’avversione alle pretese espansionistiche dei Molinetti sul locale di Gallico. Il timore che i dissidi con Luigi Molinetti potessero degenerare in una scissione dagli esiti incerti e pericolosi, ha indotto i fratelli Carmine e Giorgio De Stefano ad investire della delicata questione Alfonso Molinetti, fratello di Luigi, ritenuto uno dei loro alleati più fedeli.