Nella loro continua contro-offensiva propagandistica

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I vertici di Atlantia insistono a negare il punto fondamentale della questione, certamente complessa e delicata: il problema non è l’ “errore” su Ponte Morandi, sul quale è competente la magistratura. Il problema è la gestione privata delle attività in monopolio naturale, come sono le autostrade, inevitabilmente foriera di rendite miliardarie a danno dei cittadini. I dati sono chiarissimi. Secondo una recente delibera della Corte dei Conti, dal 2012, a fronte di un aumento delle tariffe del 14% in termini reali, ossia al netto dell’inflazione, gli investimenti annui sono crollati da oltre 2 miliardi a circa 960 milioni, mentre l’utile netto è balzato da circa un miliardo nel 2012 a oltre 1,5 miliardi nel 2017. È surreale sentir chiedere da Atlantia “un Concedente implacabile”, quando ha operato con tutti i mezzi a disposizione per piegare il regolatore politico a patti leonini, finalizzati a garantire mega-rendite ai suoi azionisti. È inaccettabile l’arroganza di chi, dopo aver spolpato gli italiani, pretende “una riscrittura condivisa” della convenzione del 2007. Le autostrade, in quanto monopolio naturale, devono tornare alla gestione pubblica. Con la gradualità necessaria, si deve arrivare alla revoca.

Stefano Fassina