Nell’immigrazione, la più grande contraddizione di Salvini

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Mettere in luce le contraddizioni di Salvini e del suo partito pare non essere affatto difficile. E la contraddizione più grande di tutte alberga in quello che potremmo definire come il motore della sua propaganda: l’immigrazione.
Il Regolamento di Dublino

Per focalizzare la questione che regolarmente torna a far parlare di sé e districarsi tra “l’Europa ci ha lasciati soli” e “stiamo subendo un’invasione”, è senza dubbio necessario parlare dal Regolamento di Dublino, il trattato europeo che regola le procedure d’asilo e che obbliga il Paese europeo di primo approdo a farsi carico della gestione delle richieste di protezione internazionale.

Così, mentre gli Stati del Nord Europa e quelli – alleati di Salvini – dell’Europa dell’Est sembrano essere fuori da queste logiche, l’onere dei migranti ricade, al momento, sui Paesi del Mediterraneo.

È una questione dirimente per il futuro dell’Unione, in primo luogo perché nessun migrante parte con l’intenzione di stabilirsi in Italia o in Grecia, preferendo invece ricongiungersi con i familiari già residenti altrove o, comunque, stabilirsi in un Paese di cui è in grado di comprendere e parlare la lingua.

Ma l’Europa, sotto attacco su diversi fronti, sente anche forte la necessità di ritrovare se stessa: una politica di accoglienza strutturata e fuori da logiche emergenziali potrebbe essere il nodo da sciogliere per rovesciare la diffidenza dei cittadini e disinnescare il fronte sovranista. Non a caso, sono proprio Italia e Grecia ad aver registrato l’espansione maggiore di forze della destra populista e di un pesante clima di xenofobia, con buona pace del calo degli sbarchi .
Siamo davvero sicuri che la Lega voglia riformare il Regolamento di Dublino?

A guardare i fatti, non si direbbe: Salvini non ha alcuna intenzione di farsi portare via il giocattolo con cui riesce tanto bene a manipolare l’opinione pubblica italiana.

Già, perché a riformare il Regolamento di Dublino in un’ottica di solidarietà tra Stati membri, il Parlamento europeo ci ha provato, con il voto favorevole della gran parte dei partiti italiani. La Lega si è astenuta.
La proposta di riforma

Quella avanzata era una proposta di riforma che avrebbe consentito il ricollocamento automatico dei richiedenti asilo fra i vari Paesi europei sin dalle prime fasi del loro arrivo in Europa, tenendo conto persino dei collegamenti effettivi tra il richiedente e lo Stato di collocazione.

Nonostante i molti compromessi occorsi, non è stato possibile sfondare è il muro alzato dai Paesi di Visegrad – con l’Ungheria di Orban in testa – che hanno rifiutato categoricamente di accogliere anche un solo migrante. A loro è andata – e va tutt’ora – la simpatia del nostro Ministro dell’Interno il quale non ci ha pensato due volte ad appiattirsi su posizioni che gli consentissero di continuare a diffondere l’odio verso lo straniero. La Lega, infatti, ha costruito tutto il suo consenso elettorale sulla percezione di insicurezza derivante dalle presunte invasioni di migranti.
Ieri e oggi

A giugno 2018, si faceva notare come la Lega non avesse mai preso parte ad alcuna delle 22 riunioni di negoziato sulla riforma di Dublino. Le cose non sono cambiate: dei sette vertici europei con focus sulla gestione dell’immigrazione che si sono tenuti da quando è Ministro, Salvini ne ha saltati sei, ben l’85%. E in un caso era nel salotto buono di Barbara D’Urso ad accusare i burocrati di Bruxelles. In fondo, cosa aspettarsi da un personaggio che è sempre stato tra i grandi assenti del Parlamento europeo?

La decisione di mantenere le norme attuali e di continuare a boicottare i vertici europei in cui si discute di politica migratoria è una sconfitta per l’Italia. Giorno dopo giorno, la retorica del voler cambiare l’Europa si scontra con l’incapacità a confrontarsi con i propri pari e con una storia di assenza e irrilevanza. Una storia che nessun “capitano” racconterà mai.